Regia di Ben Lewin vedi scheda film
Un giorno ci spiegheranno perché all’Oscar è candidata la pur bravissima Helen Hunt e non John Hawkes, che per tutto il film ti strappa risate e lacrime con la ruvida ironia di chi ha subito un grave torto dalla vita, ma non le vuole dare la soddisfazione di soccombere. Lei è una terapista sessuale per invalidi gravi e in questo suo lavoro è straor- dinariamente sensuale perché, naturalmente, non rifiuta un corpo difficile, quello di Mark, e neanche il suo, splendidamente invecchiato. E in quella carnalità così vera si dipana un sentimento fatto di dolore fisico e compressione emotiva, si apre un mondo, quello di un giornalista che vive in un polmone d’acciaio e che lo perfora con il carisma e la simpatia, perché la corazza di paure che ha addosso è ancora più resistente. Ma la sua fortuna è avere donne speciali attorno a sé, che lo amano, in modi diversi, e lo fanno vivere. Lewin, regista poliomelitico (sia pur colpito con meno violenza rispetto all’editorialista californiano realmente esistito), entra nella poetica classica del cinema dell’handicap senza aver paura dell’emotività e della retorica che (ri)conosce della forza di chi sa volare anche se il pro- prio involucro è una zavorra. E allora la regia va col pilota automatico, secondo le coordinate offerte da attori e sceneggiatura, e tanto basta. E già che ci siamo, al- l’Academy segnaliamo che si sono scordati pure il prete William H. Macy. Così vicino a Dio da potergli disobbedire.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta