Regia di Ben Lewin vedi scheda film
Basato su una storia vera, il titolo allude alle sedute di (psico)terapia sessuale affrontate dal protagonista, un trentottenne poliomelitico. Benché la gravità della sua malattia lo costringa per quasi tutto il tempo dentro un polmone d’acciaio, questo paziente (in ogni senso) poeta, scrittore e giornalista (come egli ama definirsi), dimostra una notevole voglia di vivere a dispetto dell’immobilità fisica a cui è sottoposto: simpatico, brillante, colto, dotato di senso dell’umorismo ma anche profondamente religioso, egli è fermamente intenzionato a provare (almeno una volta) le gioie del sesso; ma prima d’imboccare il sentiero dell’amor profano, sente anche il bisogno di un consiglio spirituale, così da avere la benedizione, o meglio “il permesso di fornicare”.
Dato il plot, sarebbe stato facile (s)cadere nel ridicolo involontario e/o offensivo; ed invece, il regista (anche sceneggiatore) riesce a muoversi dentro la materia narrativa del suo film in perfetto equilibrio stilistico, mostrando una efficace organicità tra forma e contenuto: se infatti i dialoghi sono colmi di un lessico anatomico-medico (legato, com’è facile intuire, alla sfera sessuale) piuttosto esplicito, le inquadrature “calde” mostrano un sincero senso del pudore. Assistiamo quindi a questo percorso di iniziazione erotica - a fini terapeutici - senza pietismi, né fastidio ricattatorio; anzi, sostenendo con discreta partecipazione emotiva la ricerca del piacere di un uomo straordinario.
Formidabile nella sua recitazione “da fermo”.
Affronta il ruolo della terapista sessuale con dolce premura, offrendo senza imbarazzo ben tre nudi integrali.
Nel suo “sguardo pastorale” è racchiusa la comprensione per la fragilità della creatura umana.
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