Regia di Ben Lewin vedi scheda film
Da’ l’impressione, a prima vista, di essere un film politicamente scorretto: “Troppo facile buttarla in ridere”, viene da pensare. Se non che, avvisati dai titoli di coda che il tutto è basato su una storia vera, che Mark O’ Brian c’è stato davvero ed era davvero un tipo così come interpretato (magnificamente) da John Hawkes, allora si capisce di essere di fronte ad un film davvero ben riuscito. Si gioca con la disabilità (disabilità grave), si gioca col sesso e si gioca con la religione. Si gioca con argomenti tutti serissimi, ma che lo spirito di Mark O’ Brian, insieme all’acutezza estrema dei dialoghi, delle battute, dalla caratterizzazione dei personaggi, rendono perfettamente giocabili e godibili, senza sfociare nel ridanciano e tanto meno nel dissacrante, ma restando al contrario ancorati perfettamente alla realtà delle cose e rispettandole addirittura più di quanto meritino. La scelta del regista di affidare gli (artisticissimi!) nudi integrali alla bellissima Helen Hunt (perfettamente a suo agio, come il suo stesso personaggio), e soprattutto la parte del sacerdote ad un allampanato W.H.Macy dalla chioma improbabile e dalla cui bocca escono forse le battute più simpatiche di tutto il film, l’aver saputo tenere perfettamente equilibrati il registro leggero e quello drammatico, con una voce narrante fuori campo che rende giustizia a tutti i torti, veri o presunti, reali o semplici frutti della psicosi collettiva e del benpensantismo diffuso, hanno forse decretato il meritato successo all’ultimo Sundance dove ha ottenuto il premio del pubblico, che spero potrà ripetersi anche qui da noi.
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