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Trama

È il 1997 quando, a New York, Erik, regista di documentari, incontra per la prima volta Paul, un affascinante e introverso avvocato, impegnato nel settore dell'editoria. Quello che doveva essere l'incontro di una sera molto presto diventa qualcosa di più. Erik e Paul si innamorano e decidono di provare a costruire insieme un unico percorso, andando a vivere nella stessa casa. Sognano di diventare una sola cosa, di condividere ogni aspetto e difficoltà della vita ma, nonostante i buoni propositi, ognuno di loro continua a lottare da solo contro le proprie paure e dipendenze.

Approfondimento

 

 

LASCIARSI UN GIORNO A NEW YORK

Esaminando l'evolversi decennale di una storia d'amore immersa nella città di New York, Ira Sachs ha preso spunto da una vicenda realmente accaduta per trasferire sullo schermo un'intimità cruda che stupisce per la sua normalità quotidiana. Protagonista della relazione era l'autore in persona: dopo diversi anni di relazione, vissuta a cavallo del Duemila, Sachs si è ritrovato da un momento all'altro a fare i conti con una rottura che dava spunto a varie riflessioni universali sull'amore, sulle tentazioni, sulle aspirazioni professionali di due persone giovani in carriera e sulla dipendenza sia da sostanze stupefacenti sia dell'uno dall'altro. Rimettendo insieme centinaia di e-mail, riviste del periodo, appunti sparsi e ricordi di vario tipo, Sachs ricostruisce gli avvenimenti restando fedele alla loro cronologia per rendere omaggio prima di ogni cosa alla città di New York: con le sue qualità intrinseche e i suoi difetti nascosti, fotografati in luce naturale da uno dei migliori operatori di ripresa della New Wave del cinema greco, Thimios Bakatakis (a lui si deve ad esempio la fotografia di Kynodontas (2009)), la città è coprotagonista degli eventi. A Sachs non interessava costruire un film che parlasse necessariamente dell'omosessualità dal punto di vista fenomenologico: la strada aperta da I ragazzi stanno bene (2010) di Lisa Chodolenko gli permetteva, infatti, di translare ogni situazione vissuta in esempio per tutti, senza dover necessariamente circoscrivere la scena alla sfera lgbt. Mantenendo centrale l'osservazione su Erik e Paul, era possibile infatti mostrare una comunità eterogenea di individui alle prese con la realtà che li circonda: gay, eterosessuali, artisti, scrittori, americani e stranieri affrontano New York in un periodo di profondi cambiamenti per la città. Senza dover stigmatizzare il comportamento dei protagonisti e condannarlo, Keep the Lights On indaga sulle motivazioni che conducono a optare per un percorso piuttosto che per un altro e sulle decisioni che ognuno è chiamato a prendere per affrontare le proprie recondite ossessioni in una città che, con le sue mille sfaccettature, unisce e separa, crea sogni e li frantuma. Da corollario alla trama principale, Sachs inserisce diverse sottostorie che fanno rivivere il clima socioculturale del tempo, tutte ispirate da fatti che si è ritrovato a vivere a contatto con le esperienze dei suoi amici o che sono arrivati dal popolo di internet, chiamato dal sito ufficiale della produzione del film a raccontare ciascuno la sua New York, costruendo un mosaico di punti di vista differenti e di battaglie quotidiane.

 

 

Note

Teddy Award al Festival di Berlino 2012 come miglior lungometraggio a tematica queer.

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