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Re della terra selvaggia

Regia di Benh Zeitlin vedi scheda film

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giancarlo visitilli

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La recensione su Re della terra selvaggia

di giancarlo visitilli
8 stelle

Precauzioni, prima dell’uso: abbandonare cellulare, figli, mogli, amici e qualsiasi cosa possa rendere ingombrante il viaggio, a terra, sulle acque, a piedi, soli o in compagnia. Ma di viaggio si tratta. Ed è bene liberarsi da ogni orpello.

Straordinario il film del trentenne Benh Zeitlin. Racconta la storia di Hushpuppy, una bambina di sei anni che vive con Wink, papà severo ma affettuoso, nella comunità soprannominata Bathtub (La Grande Vasca), in una zona paludosa di un delta del Sud americano. Wink, che ha contratto una grave malattia, sta preparando Hushpuppy a vivere in un mondo dove non ci sarà più lui a proteggerla. Inoltre, la Grande Vasca è alla vigilia di una catastrofe di epiche proporzioni: gli equilibri naturali si infrangono, i ghiacci si sciolgono ed arrivano gli Aurochs, misteriose creature preistoriche. A Hushpuppy non resta che cercare di sopravvivere e mettersi alla ricerca della madre, che appartiene solo ai suoi ricordi.

Quando l’incontaminato, in fatto di terre e uomini, è dietro l’angolo delle nostre città perbeniste, racconti come questi scioccano lo sguardo e la mente. Se a questo si aggiunge che il punto di vista, compresa la ‘statura’ della mdp, sono quelli ad altezza di una bambina, tutto ha un valore aggiunto. Re della terra selvaggia è innanzitutto un racconto di formazione, ma del tutto insolito, nella scrittura e nella visione, nel panorama, non solo cinematografico, odierno. E’ racconto di grande respiro, di forte impatto emotivo, con uno sviluppo narrativo che, nella sua straordinaria semplicità, ammalia, dà gioia e dolore, coraggio e fatica nei confronti della sopravvivenza. E tutto, nel film, contribuisce al crescendo che avanza: dall’ambientazione in interni di inospitali paludi della Louisiana, con uomini e donne al confine fra emarginazione e puro istinto di sopravvivenza, dove però vige la legge del rispetto, anche nei confronti degli animali, dai caimani, a quelli da cortile, fino allo straordinario commento sonoro, sempre presente, ma appena accennato, sussurrato. A sottolineare il minimalismo, di quanto poco possa bastare per sentirsi parte, re&regine, di una terra che ha tanto ancora, e nonostante noi, da offrirci. Soprattutto in fatto di emozioni. Perché l’acqua, le bestie, le case in cemento, insieme a quelle di paglia, le zattere di fortuna, realizzate con parti di auto rovesciate, possono essere tutti gli elementi di una vita alla fine del suo corso. Ma nella possibilità che di lì si possa ricominciare. Infatti, Re della terra selvaggia è una fiaba sulla vita di tutti gli uomini, a prescindere dalla loro latitudine geografica. Una fiaba in cui poter riflettere, ripensare un possibile stile di vita, in cui la meta da raggiungere è la libertà, al modo di come indicato nel finale magico del film, in cui l’incontro fra gli esseri primordiali e gli umani può ricominciare ad essere una sorta di patto per il rispetto di entrambe ed ogni altra forme di vita. Realizzato con budget ridicolo, rinunciando ad una produzione milionaria, il giovane regista che in fatto di stile ne ha da vendere, anche ai migliori documentaristi, riducendo al minimo l’uso di rudimentali effetti speciali, ha avuto dalla sua anche la possibilità di avere il pezzo forte di tutto il film: la straordinaria e piccolissima interprete, Quvenzhané Wallis, figlia di un’insegnante e di un camionista che, per partecipare ai casting di selezione, la madre ha mentito sulla vera età della figlia, a quei tempi di cinque anni. Giustamente, vincitrice di molteplici premi, ora ha la nomination all’Oscar come attrice protagonista, la più giovane candidata della storia del premio; la stessa reciterà nel nuoco film di Steve McQueen’s, al fianco di Michael Fassbender, Brad Pitt e Benedict Cumberbatch.

 Re della terra selvaggia è un film imperdibile, perché, alla fine della sua visione, è come poter ricominciare daccapo ad assaporare la possibilità di una vita che val la pena di essere spesa. Con la responsabilità, per tutti, di sentirsi un po’ padri, ma anche orfani, re&regine, umani, senza mai smettere di ricordarsi che gli animali… da lì veniamo.

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