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Re della terra selvaggia

Regia di Benh Zeitlin vedi scheda film

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La recensione su Re della terra selvaggia

di ROTOTOM
10 stelle

Beasts of the southern wild, il titolo originale di questa straordinaria opera prima già trionfatrice al Sundance Festival. Benh Zeitlin regista regala una delle più incredibili soprese di questi ultimi anni con un film giustamente candidato ai quattro premi Oscar più importanti. Miglior Film, Regia, Attrice protagonista Quvenzhané Wallis e Sceneggiatura, splendida,  sospesa nella poesia di un realismo ipotetico e allucinato di Lucy Alibar

Il selvaggio sud è quello della Louisiana e un’isola, la Grande Vasca creatasi nel bayou a causa delle frequenti alluvioni, ospita una comunità di sopravvissuti in attesa che un uragano in formazione si abbatta sulla regione .
Orgoglio e appartenenza sono le caratteristiche di questi strani abitatori di una giungla astratta , ricomposta in una surreale ibridazione trash tra le rovine arrugginite di una civiltà perduta e la natura libera di riprendere il possesso del proprio spazio. Una natura selvaggia che ha forgiato negli uomini, donne e  bambini del luogo un’energia vitale inconcepibile. Una vita che sboccia rigogliosa dalle macerie degli umani, uomini che attendono che il destino si compia officiando strani riti misti tra il pagano, il religioso e il carnevalesco.


La miseria non scalfisce l’orgoglio degli abitatori della Grande Vasca, il mondo civile li ha isolati al di qua di una diga riducendo lo sparuto gruppo di umani a comunità regredita ad uno stato primordiale, cosciente, profondamente legato alla natura alla terra.
E mentre in un disegno post apocalittico i ghiacci si sciolgono e l’Uro , il gigantesco bisonte preistorico si sveglia e marcia verso la l’isola dando carne alle leggende che formano la cultura folkloristica della comunità, sboccia un piccolo fiore di carne scura, dai capelli ricci e ribelli e da quel momento il film esplode. Hushpuppy, il nome, bambina di sei anni, riafferma il suo predominio sul mondo in disarmo, il suo musetto diventa grugno e il mondo cambia. Simbolo della sopravvivenza all’estremo, viene duramente  allenata alla vita da Wink (Dwight Henry, attore non professionista) il padre malato che presto sa che morirà.
Nei dialoghi scarni, nelle urla e nella furia degli elementi primari , si consuma il rapporto tra Hushpuppy e il padre, le cui vite in costante sospensione con un labile patto con la natura, oscillano tra l’esserne Re o vittime.


Un’ epifania di immagini investe chi guarda, il cuore stretto in una morsa d’acciaio di commozione e pathos, quel cuore che la bambina ama ascoltare battere negli esseri viventi come prova dell’esistenza . La presenza, lo sguardo, la potenza della fisicità della bambina è sconvolgente. Catalizzatrice di ogni emozione, deflagra sullo schermo come una supernova irradiando la storia di una nuova luce. 
Figlia della terra slabbrata dal resto del mondo, la Grande Vasca è un’isola che non c’è (più) abitata da figure bizzarre, fantasmatiche. Nella messa in scena di Zeitlin, l’estremo realismo subisce strappi onirici, squarci nelle certezze della tradizionale narrazione che si fa sempre più astratta. Astrazione di vita, improvvisazione e tenacia. Il tutto riassunto nell’esile figura di Hushpuppy che tiene testa alla distruzione come una regina di un mondo alieno, inconcepibile e sull’orlo del totale disfacimento di cui l’Uro è simbolo e verso il quale nella scena più forte e toccante , la piccola impone la propria forza.


La commozione è reale, attraverso la privazione Zeitlin prosciuga l’esistenza dei personaggi ai bisogni primari – sopravvivere, mangiare – e all’istinto che prevale sulla ragione. I sentimenti archetipici – amore, paura, rabbia – riconducono l’essere umano ad una condizione di purezza primigenia mai sottomessa alle costrizioni ambigue della modernità che alberga al di là della diga.
La narrazione di Zeitlin è secca, scevra di ogni ruffianeria compassionevole, rigorosa  ma capace di lampi di lirismo intenso e coinvolgente, immergendo la piccola Hushpuppy e gli altri abitanti dell’isola nella bizzarra, pericolosa e materna natura selvaggia.
E’ proprio la furia elementale che forma il palcoscenico sul quale le vite degli umani si forgiano. Aria, fuoco, acqua e terra hanno valenze narrative fondamentali e riempiono ogni inquadratura di un senso archetipico ove l’atavica necessità della sopravvivenza passa necessariamente dalla comprensione e il rispetto di quegli stessi elementi. Il messaggio ecologista è pacifico - ripesca le devastazioni dell’uragano Kathrina che mise in ginocchio il sud degli USA - ma elevato a metafora e somministrato sotto pelle dalla lancinante grazia della messa in scena.
  Film di tellurica bellezza, brutale e affascinante, dislocato in un tempo ipotetico che prende spunto da eventi reali per creare una propria mitologia a immagine e somiglianza dell’assopita natura ribelle dell’animo umano. Hushpuppy nel suo musetto duro e tenero insieme è quello spirito fattosi carne.
 
Il film più premiato dell’anno 2012 forse non vincerà gli Oscar perché troppo particolare nella messa in scena e duro come tematica, ma non fa nulla, i premi sono meno importanti delle emozioni che un film riesce a trasmettere.
Faccio smaccatamente il tifo per questa storia di vita e salvezza, sopravvivenza e amore. Siamo tutti con Hushpuppy, con il suo broncio, con la forza del suo spirito e la porteremo in trionfo come un vessillo e le nostre lacrime bagneranno il terreno e lì crescerà un fiore.
Fatevi del bene, non perdete questo film.
  

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