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Noi siamo infinito

Regia di Stephen Chbosky vedi scheda film

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La recensione su Noi siamo infinito

di mc 5
6 stelle

Ci sono due modi di vedere -e giudicare- questo film. Quello che indubbiamente prevale nelle recensioni che ho fin qui letto tende ad apprezzare un malinconico e tenue romanzo di formazione. Poi c'è lo sguardo opposto che, confesso, è anche il mio, quello che ha trovato questa pellicola un raro concentrato di clichès, di luoghi comuni di certo cinema minimal-sentimentale in cui un tipo di creatività indipendente a stelle e strisce riesce a dare il peggio di sè, costruendo sul nulla tutto un meccanismo emotivo che difficilmente manca il bersaglio proprio in quanto oliato nel modo giusto e attrezzato a colpire al cuore gli animi più sensibili. Definirei questo film - tanto per essere diretti- scontato, prevedibile, retorico, ricattatorio, forzato....e mi fermo qua. Ma -attenzione- non è un film da buttare, è messo in scena con una certa sapienza, ma è insopportabilmente "costruito", ricalcato su un modello spudoratamente ruffiano nei confronti di un certo pubblico che ama -a prescindere- una espressività indipendente-minimale (il supporto musicale è determinante, si pensi al ruolo qui giocato dalle canzoni degli Smiths). Va bene il Sundance, vanno bene i "piccoli spostamenti del cuore", va bene tutto ma, signori, per favore basta con questo rimestare nelle "piccole emozioni" se dietro non c'è un regista con gli attributi e soprattutto una sceneggiatura consistente. Qua invece, dalla prima inquadratura all'ultima, è tutto un inanellare scenette già viste, che ci raccontano di un'America giovanile col cuore collocato negli anni 70 che più scontata di così non si poteva e, quel che forse è peggio, una serie di dialoghi talmente scarni e banali da risultare irritanti, retorici e perfino insulsi. L'effetto che si voleva probabilmente sortire era quello di far percepire al pubblico l'ansia e l'inquietudine di Charlie, questo neo-liceale timido ed insicuro, di indole solitaria (sapremo poi di un suo trauma infantile, che io ho trovato piuttosto forzato), insomma una persona che si sta affacciando alla vita, scoprendo per la prima volta gioie e dolori dei primi approcci sentimentali. Diciamo che questo aspetto (che è poi quello primario dell'opera) implica una certa pretenziosità da parte di Stephen Chbosky (autore della storia e regista), il quale mirava a creare un gioiellino di poesia, ciò che pare essergli riuscito, a giudicare dalla benevola accoglienza della critica. Io la penso un pò diversamente, e sono pronto a contrastare proprio questo parlarsi addosso di tanti personaggi, utilizzando peraltro dialoghi che vorrebbero trasmettere rabbia e frustrazione di chi conosce i primi furori giovanili e che invece al sottoscritto hanno comunicato solo una desolante tristezza. E qui dovrei aprire una parentesi imbarazzante. Cominciamo col dire che il film ha tre protagonisti: il confuso Charlie, la dolce Sam, e lo "spettacolare" Patrick. Ecco, appunto, Patrick. Ma prima una doverosa premessa rivolta a coloro che, omosessuali, stanno leggendo queste righe. Ovvio che il mio giudizio negativo resta circoscritto al personaggio e non implica alcuna critica generale all'universo omosessuale. Il simpatico Patrick è un concentrato imbarazzante di tic e di atteggiamenti da "frocetto" che mi ha davvero infastidito. Una macchietta piena di sfumature umane sempre in bilico tra il maudit e il piacione, che in sostanza gli guadagnano il cuore e la simpatia di buona parte del pubblico. Patrick appare dunque come un gay con ambizioni da personaggio poetico-letterario, ricorrendo però a schemi decisamente studiati a tavolino. Un classico romanzo di formazione, dunque, ma forse troppo classico, che si ciba di tutti gli elementi del genere, spesso esasperandoli. E allora troppa enfasi espressiva non sorretta da adeguata sceneggiatura, troppa ambizione per un medio (mediocre sarebbe eccessivo) mélo giovanilistico. La vicenda ci parla del 15enne Charlie, ragazzino problematico afflitto da costante malinconia nel cui passato ci sono non uno ma ben due (!) eventi traumatici (della serie: non ci facciamo mancare nulla) uno dei quali -riguardante la zia defunta- mi è parso un pò tirato per i capelli. Comunque il nostro Charlie è al primo anno di liceo e conosce quelli che saranno i suoi due migliori amici, la graziosa e dolce Sam e il gay esistenzialista Patrick. Come ampiamente prevedibile in ogni "formazione", a Charlie ne capiteranno di cotte e di crude e dovrà sbattere il grugno contro vari ostacoli per acquisire quella consapevolezza necessaria per attraversare quella fase dell'adolescenza che lo porterà ad affacciarsi sul mondo adulto. Di fatto, non è che nel film accadano molte cose, tutte piccolissime svolte legate ad innamoramenti e gelosie, e soprattutto uno scontro finale (che lo vedrà vincente) tra il giovane protagonista e i fantasmi del suo passato. Come si vede, tutto rientra nei binari della "teen comedy evoluta", nel senso che i risvolti di inquietudine esistenziale che investono i protagonisti ci illudono a tratti di percepire vaghe suggestioni che ci fanno intravedere sensazioni tra Yates, Salinger e Scott Fitzgerald. Ma è, appunto, solo un'illusione che si infrange sugli scogli di una sceneggiatura prevedibile e in buona parte banale. Per quanto attiene al cast la situazione è più che discreta. Sono tutti bravini, fermo restando che certi personaggi non mi hanno soddisfatto proprio a livello di scrittura. Charlie è impersonato da Logan Lerman con buona adesione al ruolo, ma forse caricato di troppa enfasi emotiva. Ma comunque è nulla di fronte al gay-ribelle Patrick, interpretato dal piacione Ezra Miller in un delirio di faccette e mossette che mi hanno sconcertato. Ancora da segnalare il volto piuttosto noto di Dylan McDermott, equilibrato e perfetto nel ruolo del padre di Charlie. Melanie Lynskey sempre affascinante, nella parte della zia scomparsa tragicamente. Paul Rudd: attore ultimamente spesso sugli schemi italiani in parti da ingenuo freakettone, ma che qui è decisamente fuori ruolo impersonando un insegnante progressista. Ma dopo aver criticato vari aspetti di questa pellicola, ora vorrei enunciare tre motivi (non ne ho francamente individuati altri) che giustificherebbero il prezzo del biglietto. Innanzitutto il volto graziosissimo della brava ed intensa Emma Watson, finalmente sulla strada giusta per affrancarsi da moduli espressivi troppo legati all'adolescenza. Poi una partecipazione speciale che è un'autentica sorpresa in forma di cammeo: il Maestro degli effetti speciali horror, Tom Savini. E infine una colonna sonora eccellente e suggestiva, strettamente circoscritta ai gusti e alla cultura anni 70 dei personaggi: Dexys Midnight Runners (che bello risentirli!), New Order, Smiths, Sonic Youth, XTC, Cocteau Twins, e soprattutto David Bowie che con la sua "Heroes" rappresenta una sorta di "angelo custode" dei giovani protagonisti. Per concludere, un'informazione che ho assunto dopo la visione del film e che -volendo- potrebbe fornire spunto di riflessione. Stephen Chbosky, autore e regista del film, lo ha tratto da un suo libro che pare sia stato in America un cult per molti giovani. E sapete chi ne è l'editore? "MTV Books". Se pensiamo, anche solo per un attimo, al bacino culturale di MTV, beh fate un pò voi. E lo dico senza malizia, solo con un pizzico di realismo.


Voto: 6

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