Regia di Fabrizio Ferraro vedi scheda film
Un film per tutti e per nessuno, recita il sottotitolo, mentre scorrono immagini in bianco e nero che poco si interessano della trama e della comprensione dello spettatore, alla maniera di Fabrizio Ferraro. Un uomo e una donna si incontrano, Parigi non è sullo sfondo, resta sempre in primo piano. Come nei precedenti lavori - come nel suo recente Piano sul Pianeta (malgrado tutto, coraggio Francesco!) – Ferraro intreccia documentario e poesia per lasciare intuire un’indagine sull’uomo di oggi. Protagonista lo spazio e una ricerca estetica pura, una composizione (di immagini e suoni, suggestioni e atmosfere) che non mira a costruire relazioni antiche, né relazioni diverse, piuttosto punta a romperle, a distruggere – presumibilmente – qualcosa che il regista considera prigione sia essa esistenziale, sia essa narrativa. Ma se in Je suis Simone (La condition ouvrière) la macchina da presa si muoveva nello spazio metaforico di una fabbrica, se in Piano sul Pianeta l’iperbole si compiva all’interno di un manicomio, qui la metropoli lascia intendere troppe cose. L’uomo, la donna, la solitudine, la città. L’acciaio, il cemento. Di sicuro, il discorso verte su una mancanza di comunicazione, su rapporti vuoti e seriali. È davvero enorme lo sforzo che il regista chiede al suo eventuale spettatore, regalandogli in cambio un apparente disinteresse che sa di maniera e di snobismo intellettuale.
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