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Ho cercato il tuo nome

Regia di Scott Hicks vedi scheda film

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La recensione su Ho cercato il tuo nome

di supadany
3 stelle

A.A.A. cercasi Scott Hicks disperatamente.

Già, perché in questo film della sua mano non si vede traccia (va detto che la brillantezza della prima ora non l’ha più ritrovata), sembra infatti il classico prodotto frutto dell’ultimo arrivato, chiamato a tracciare la più banale e melensa delle storie d’amore sfruttando una serie di consuetudini melodrammatiche a dir poco abusate e per giunta assemblate anche peggio.

Appena rientrato in patria dopo l’ennesima missione in Iraq, Logan (Zac Efron) ricerca la ragazza (Taylor Schilling) della quale ha trovato una foto che in qualche modo gli ha salvato la vita.

Quando la trova, casualmente comincia a lavorare per lei, tra i due nasce anche del tenero, ma non trova l’occasione appropriata per dirle la verità.

Dovrà fare i conti con questo segreto e con l’ex marito di lei, un poliziotto tutt’altro che accomodante.

 

 

L’inizio è terrificante, una decina di minuti che sono un corollario delle difficoltà psicologiche proprie di un soldato in missione e la narrazione ha in questo frangente la grazia di un elefante in cristalleria (uno dei peggiori spezzoni di sempre dedicati al tema della guerra).

Ma quanto arriva dopo non cambia, almeno in meglio, le carte in tavola, il latte alle ginocchia è alle porte, con tanti aspetti inseriti a forza nel racconto, ad esempio l’ex marito poliziotto di lei è una figura a dir poco stereotipato.

Non aiutano gli interpreti, Blythe Danner a parte, mentre Scott Hicks trova l’unico spunto degno di nota nella scena ambientata in chiesa (niente di memorabile, ma è l’unica volta che si prova un sincero brivido d’emozione), che purtroppo si dimentica presto quando ci si ritrova al cospetto di quello che dovrebbe essere a tutti gli effetti il momento topico, davvero da mani nei capelli con una gestione sciagurata degli elementi a disposizione che affossa ulteriormente un film di suo già ricco di luoghi comuni presentati spesso anche in malomodo.

Insomma “The lucky one” (e il fortunato non è certo lo spettatore) risulta fastidioso, un assemble indigesto degli archetipi del peggiore cinema romantico/drammatico (Nicholas Sparks ha colpito ancora) che finisce, quando va bene, con l’annoiare.

Malcapitato.

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