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Io e te

Regia di Bernardo Bertolucci vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Io e te

di ethan
5 stelle

'Io e te' rappresenta il faticoso ritorno al cinema di un maestro come Bernardo Bertolucci, ma la trasposizione del racconto di Niccolò Ammaniti ci riserva una parziale delusione.

L'autore parmense ha dato il meglio di sè nel periodo 1970-1976, sfornando grandi film e capolavori conosciuti ed ammirati in tutto il mondo come 'Strategia del ragno', 'Il conformista', 'Ultimo tango a Parigi' e l'epocale, epico 'Novecento'. Dopodiché, è passato a risultati più controversi con gli intimisti 'La luna' e 'La tragedia di un uomo ridicolo' per poi 'sbancare' Hollywood con kolossal come 'L'ultimo imperatore' e produrre opere dal grosso budget ma altalenanti e irrisolte ('Il tè nel deserto', 'Piccolo Buddha') per poi tornare al cinema degli inizi, con giovani al centro delle sue storie: si va da 'Io basso da sola' a 'L'assedio' fino a 'The Dreamers' (il migliore, tra gli ultimi, per chi scrive), opere tutte dirette dimostrando grande talento visivo.

Talento che, nonostante la malattia che lo costringe in quella che viene definita la 'sedia elettrica' nel documentario di Monica Stambrini, è rimasto intatto: la macchina da presa, quasi come se volesse affrancarsi dalla propria condizione fisica, è in perenne ed incessante movimento, con delle ampie carrellate e panoramiche, tipiche del suo cinema, e regala prospettive particolari - tra le tante mi è piaciuta molto quella in cui Jacopo Olmo Antinori e Sonia Bergamasco a tavola sono visti dal basso, come dagli occhi appunto di una persona su una sedia a rotelle - ma purtroppo la storia - scritta a otto mani - non ha alcun sussulto e progressione ed è piena di banalità e incongruenze. Il ragazzo, il brufoloso ma convincente Antinori, che ricorda l'Alex di 'Arancia meccanica', va e viene, entra ed esce dallo scantinato, va in ospedale, sul tram, urla con la sorellastra - la bella ma dalla dizione rivedibile Tea Falco - e addirittura entrambi entrano nell'appartamento di lui ma nessuno si accorge e vede mai niente. Saranno licenze 'poetiche' ma non ci siamo.

Oltretutto, la permanenza nello scantinato, non porta a nulla di nuovo per i due personaggi e sembra solo una cosa tirata per le lunghe in attesa della sequenza sulle note di 'Ragazzo solo, ragazza sola' , in cui, all'apparenza, i due trovano un riavvicinamento, temporaneo, poiché, la mattina dopo ognuno seguirà percorsi diversi. 

L'ultima inquadratura, in cui il giovane viene ripreso in stop-frame, rimanda allo straziante finale di 'I quattrocento colpi' di Truffaut, un altro autore interessato a ragazzi difficili e problematici.

Voto: 5,5.

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