Regia di Bernardo Bertolucci vedi scheda film
Ancora una stanza, questa volta nel sottosuolo di Roma, Parigi è lontana e i ragazzi di Bertolucci non riescono più a sognare, chiusi in loro stessi o persi nell’abisso dell’eroina. Lorenzo e Olivia si incontrano in un luogo polveroso e pieno di cose antiche e dimenticate, un piccolo appartamento sotterraneo, dove il primo si rifugia dalla realtà e dall’obbligo di partecipare alla settimana bianca con la scuola e la seconda per affrontare la rota e cercare di liberarsi dalla roba.
In questo luogo lontano dalla luce, fiabesco nella sua estraneità al quotidiano, l’entrata in scena di Olivia sembra quella di una strega cattiva, Lorenzo esplora i confini della propria solitudine, la musica (Cure, Muse) che lo isola dal mondo e lo protegge diventa amplificazione dei propri moti interiori (Red Hot Chili Peppers, Arcade Fire) fino al bellissimo momento in cui la sorellastra, ballando da sola, finisce per prenderlo tra le sue braccia, stringendole forte, sulle note di Ragazzo solo, ragazza sola cantata da David Bowie. E’ forse questo il picco emotivo del film, il momento in cui i due lasciando cadere le rispettive differenze, non sono più due estranei l’uno agli occhi dell’altra. E’ un momento di una purezza assoluta che Bertolucci riesce a trasmettere direttamente al cuore dello spettatore.
Il regista esplora i legami affettivi e le profonde fragilità di chi ancora deve entrare nella vita adulta e davanti a quella porta che ne segna l’ingresso si sente impaurito e perduto, raccontando questo passaggio con la passione e la gioia di chi ancora ama il cinema e lo ha amato per tutta la sua vita, il fermoimmagine finale sul volto di Lorenzo è lo stesso di Truffaut sul viso di Antoine Doinel ne i 4oo colpi. E allora questo film si pone, anche se a decenni di distanza, un passo prima rispetto a quello che fecero i registi della nouvelle vague, Truffaut su tutti, che esplorarono il mondo con sguardo vergine e puro, quello di Bertolucci è uno sguardo che osserva i momenti prima di quella scoperta, quando si è ancora chiusi da qualche parte, dentro se stessi, nella propria inquietudine, di cui la stanza nel sottosuolo è semplice metafora visiva, spazio angusto che riflette il perimetro di un’anima ancora imprigionata, che sta aspettando il momento giusto per uscire e andare incontro al mondo.
Olivia, con il suo dolore autoinflitto, la sua crisi d’astinenza, costringerà Lorenzo ad agire, a lasciare la sua indifferenza, che è la stessa nella quale era caduta la sorellastra diventando una tossica. I due, come vampiri, si costruiscono bare nelle quali riposare e attendere, fatte di tranquillanti, letti e divani ammuffiti. Sopra di loro, nel mondo di luce e colori, ci sono madri egoiste e padri lontani, di cui poco ci interessa, una volta fuori, Lorenzo e Olivia si abbracciano un’ultima volta, lo sguardo di Bernardo, ormai libero dai vincoli della stanza e da quelli della sedia a rotelle su cui è costretto, li osserva dall’alto. Capace ancora di sognare. Di immaginare la vita come un film. Di guardare un film come fosse la vita.
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