Regia di Toni Trupia vedi scheda film
Nella Germania del 1962 il termine “itaker” veniva sputato in faccia dai tedeschi agli emiganti italiani in segno di sarcastico disprezzo. Uno dei tanti appellattvi, co- me “terrone” per esempio. Il viaggio particolare a cui si presta Benito, il protagonista, parte dal Trentino. Dove il giovanotto accetta l’incarico dal prete di un paesino di accompagnare il piccolo Pietro (rimasto solo dopo la prematura morte della madre) nella speranza di farlo riabbracciare con il padre. Giunti a Bochum e costretti a vivere in una sorta di campo di concentramento (nelle fabbriche, ai tempi, si lavorava e si viveva senza soluzione di continuità) Benito prova subito a rintracciare il genitore del bambino, per poi accettare la sua presenza come una sorta di complicità professionale (deve vendere stoffe nelle case dei tedeschi e un piccolo può intenerire non poco). Nel frattempo Benito s’innamora di una barista rumena tuttofare, costretta - come d’altronde Benito - a sottostare alle dure e ciniche leggi del boss mafioso locale, che in Germania vorrebbe espandersi neanche fosse Lucky Luciano. Quest’ultimo è interpretato da Michele Placido, coinvolto anche nella sceneggiatura. Un film interessante per la sua testimonianza storica, non per la messa in scena, televisiva e stanca. Pare, infatti, il pilot di una miniserie, con tanti spunti e personaggi in attesa di sviluppo. Insufficiente per la sala.
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