Regia di Stefano Mordini vedi scheda film
Ma quanti anni hanno queste ragazzine? Possibile che a quattordici anni facciano sesso, si fidanzino con ragazzi di almeno dieci anni più grandi e una di loro finisca addirittura a fare la spogliarellista in un night club del posto? Va bene il contesto sociale problematico, ma non siamo nel degrado: si tratta di famiglie operaie più che dignitose, non ci sono tossicodipendenti, caso mai qualche piccola illegalità, ma niente di miserevole.
Le acciaierie di Piombino sono state là per decenni, ma hanno cominciato a interessare il cinema soltanto quando hanno iniziato ad essere smantellate: si pensa a La bella vita (1994) di Virzì e a questo Acciaio che presenta grossi problemi fin dal copione. Lucchini è l'ultima incarnazione delle acciaierie di Piombino: nei quindici anni in cui ci ha lavorato mio padre, aveva cambiato diverse volte, da Italsider a Deltasider, dall'Ilva alla Lucchini, che pretese una drastica riduzione di personale, con la conseguenza di qualche centinaio di prepensionati messi a carico delle casse INPS.
Che lavorare come operaio in un'acciaieria non sia l'aspirazione di nessuno è un fatto incontestabile, ma che rappresenti necessariamente una condanna a morte è un'idea sbagliata e peraltro Piombino è una cittadina storica con una vita culturale tutt'altro che disprezzabile, con spiagge e calette tra le più belle di tutta la Toscana, non solo quelle incorniciate dagli impianti industriali.
In questo senso - ma magari l'originario romanzo di Silvia Avallone è di tutt'altra pasta - il film di Mordini gira veramente nel vuoto. Da salvare c'è la bella prestazione di Michele Riondino, che in quanto tarantino proviene da una città davvero devastata da un'acciaieria e ci mette tutto sé stesso. Per il resto, meglio lasciar perdere.
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