Regia di Stefano Mordini vedi scheda film
Unico punto fermo di un mondo in movimento, l’acciaieria che lavora a ciclo continuo rappresenta il collante identificativo di una realtà ormai in via di disgregazione. Siamo dalle parti di Piombino e di quell’oasi naturalistica che è l’Isola d’Elba, distante appena pochi colpi di remi, eppure un mondo a parte. Su quella riva, infatti, si fatica a sbarcare il lunario e le speranze sono mozzate pure se sei una ragazzina. Come Anna e Francesca, amiche come lo si può essere solo a quell’età. Vivono in simbiosi ma è inevitabile che quel sentimento - così profondo eppure così acerbo come pure i loro corpi – in qualche modo deragli dai binari precostituiti. Lo stesso vale per i loro destini, contesi come sono tra cocciutaggine nel voler restare (ne sarà esempio Alessio, il fratello di Anna) e velleità di fuga (come Elena, la sua fidanzata, personaggio già visto in Signorina Effe, che si chiede «perché il futuro deve essere sempre altrove»). In mezzo l’identità operaia che trasuda dall’opera di Mordini, un passato da documentarista. E si vede, purtroppo però nell’accezione negativa del termine. L’intento sociale ha completamente il sopravvento sulla ricerca stilistica e pure la bulimia di tracce tematiche (la vita di fabbrica, il degrado sociale, la promiscuità dei rapporti, le crisi adolescenziali) fa perdere il baricentro su quella portante. Peccato solo che, fra tante idee, manchi proprio quella di cinema.
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