Regia di Stefano Mordini vedi scheda film
Entrare dentro le acciaierie, che puzzano di fuoco e di sudore. Uscire dalle acciaierie ed entrare nelle case di periferia che grondano di miseria e speranze spezzate.
Adattare il romanzo di Silvia Avallone non era compito facile per la valenza attuale che comporta. Piombino come Taranto, ad esempio: economie di un sistema industriale che rende anonime ogni individuo ridotto a una matricola da cassaintegrare o mandare in pensione, tutele della persona inesistenti e incidenti sul lavoro da considerare dei puri inconvenienti.
Acciaio di Stefano Mordini non si limita a fotografare ciò che la Avallone aveva descritto suscitando polemiche prima di tutto tra gli abitanti di Piombino. Casermoni abitati da famiglie allo sbando, adolescenti in preda a pulsioni che non sanno controllare, giovani ribelli che auspicano di andar via ma che si perdono in droga e giri notturni restano sospesi di fronte a un lembo di mare che separa il laggiù e il quaggiù, a una sconfinata distesa di pensieri e comportamenti che divide l'oggi dal domani sullo sfondo di un mare inquinato di rabbia, disillusione e avversione.
Due ragazzine, due fiori appena sbocciati, vogliono superare la linea di confine, anche solo per un giorno. Intanto nell'attesa sono costrette a sopportare padri violenti o assenti, fratelli con cui condividere letti e camere, fidanzati più grandi con cui sperimentare i primi approcci sessuali e uomini adulti dallo sguardo lungo. Là dove non arriva la fabbrica, considerata certezza e ancora di salvezza per i giovani maschi, arriva il cemento a divorare le anime. L'unico rifugio è una vecchia baracca sul mare dove nascondersi dagli occhi del mondo e provare ad essere libere, entrare nell'utopia dell'universo dei grandi e illudersi di essere donne.
Seppur con qualche difetto trascurabile, Acciaio pulsa sangue vivo e si presenta come un'opera compatta in cui sostanza e forma si amalgano per diventare struttura. Sceneggiatura, colonna sonora, recitazione e fotografia animano le parole della Avallone. Quanto ci sia di vero e quanto di fittizio non è dato sapere, conta mostrare da vicino le difficoltà del crescere in un ambiente tribale che tarpa le ali e che non offre prospettive, in un contesto dove bastano un paio di shorts e del rossetto per essere grandi e giocare alla vita.
Rispetto al romanzo, l'espansione della sottotrama legata al fratello di Anna permette di confrontarsi con tematiche contemporanee, imperniante sulle difficoltà lavorative e sull'operato impersonale dei tagliatori di teste. Mentre le fiamme dei forni ardono alte e gli ingranaggi dei macchinari non smettono di fermarsi, la dignità del lavoratore in quanto uomo cessa di esistere.
Una bella scoperta Matilde Giannini e Francesca Bellezza, le due giovani attrici protagoniste.
Voto: 7,5
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