Regia di Raffaele Verzillo vedi scheda film
Fede e sport, forse anche uno spot (non proprio brillante), sono i punti cardine del film di Raffaele Verzillo, probabilmente più adatto ad un prime time sulla rete ammiraglia di mamma Rai, che produce, piuttosto che ad un approdo al cinema come poi è stato (senza la benchè minima fortuna).
Infatti da qualunque parte la si prenda c’è poco di che rallegrarsi.
Il sogno di Mario (Jordi Mollà) è vedere il figlio Tommaso (Lorenzo Richelmy) partecipare alle Olimpiadi, ma tutto sembra naufragare quando quest’ultimo decide di intraprendere la strada per farsi frate.
Grazie all’aiuto dell’amico, e monsignore, Angelo (Domenico Fortunato), decidono di costituire una squadra sportiva del Vaticano, iniziativa che però trova parecchi ostacoli e non solo legati alla costruzione di un vero e proprio team.
Film davvero povero, formalmente proprio non si salva nulla (e le trasferte internazionali non sortiscono alcun tipo di effetto positivo significativo), ma anche nei messaggi che comunica a chiare lettere si trovano veri e propri svarioni, ad esempio il Cardinale contrario all’iniziativa arriva a dire che il problema non è tanto la partecipazione quanto quello di evitare figuracce, insomme niente di più lontano dalla matrice cattolica, per cui arrivare anche ultimi non è certo un’offesa per nessuno.
Ma poi vacilla un po’ tutto il resto, le decisioni portanti, ad esempio tutte quelle legate al giovane Tommaso, sono trattate con leggerezza e pochezza, tanto che è impossibile sentirsi legati alla sua vicenda, idem dicasi per i salti mortali fatti da Angelo per raggiungere il suo obiettivo (e da scult assoluto è il travestimento da manutentore telefonico di Jordi Mollà).
Non aiuta nemmeno la recitazione; ci si chiede come sia capitato in siffatto lavoro Jordi Mollà, peraltro doppiato (forse l’intenzione di approdare sul mercato spagnolo?), Domenico Fortunato è anche mediamente simpatico e volonteroso, ma pure evanescente, Lorenzo Richelmy non ha la possibilità di trasmettere le motivazioni del suo personaggio, mentre le donne stanno sul fondo, Milena Miconi anche per mancanza di spazio, mentre Giulia Bevilacqua si trova anche ad un passo da un’attrazione, pure sconveniente per lo sfondo del film, che poi viene abbandonata senza dirci nulla.
Si salva solo Giorgio Colangeli, alla mano e con la battuta sempre pronta.
Un’operazione all’insegna del vogliamoci bene che non porta fortuna a nessuno, che scivola rapidamente verso l’oblio, con la mazzata definitiva sul finale, letteralmente trascinato tra amletici dubbi (correre o non correre, questo è il problema) e vittorie sul campo, addirittura si arriva quasi al taglio dell’ultima affermazione quando lo schermo accompagna i primi titoli di coda.
Lodevoli (forse, qualche dubbio si instaura) le intenzioni, ma praticate piuttosto male e per il resto niente è semplicemente notte fonda.
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