Regia di Raffaele Verzillo vedi scheda film
Meschino filmetto da oratorio e di propaganda, questo è 100 metri dal paradiso.
Talmente brutto e ignobile, sia per come è stato realizzato sia per gli aberranti “contenuti” ideologici, che va visto per capirlo. Non che questo sia un invito né tantomeno un consiglio, giacché il malcapitato poi avrebbe il sacrosanto diritto di chiedere i danni, morali e materiali.
Si tratta sostanzialmente di una favoletta edificante, bella, buona e gentile, in cui i “sani” valori sportivi e religiosi collimano e trovano un senso comune al grande e giusto disegno divino.
Amen.
Quello che proprio non va giù, non è la storiella in sé che anzi ha uno spunto bizzarro suscettibile di interessanti prospettive (se non fosse malamente sviluppato secondo i consueti canoni delle peggiori farse che infestano le sale), quanto proprio la rappresentazione e la caratterizzazione di una realtà che non esiste, fuori dal mondo. Come la Città del Vaticano.
Le vie della commedia sono finite. E finte.
Più che un film - che come recita beffardamente la didascalia sui titoli di coda è “riconosciuto di interesse culturale nazionale” - è una sorta di lungo spot promozionale con l’obiettivo, praticamente dichiarato, di migliorare, aggiornare, la comunicazione della Chiesa ed i suoi processi di evangelizzazione. L’incredulità che si prova dinanzi a certi dialoghi e discorsi salmodianti e dogmatici - come Verità acquisite ed incontestabili (e ‘sti cazzi!) - è pressoché indescrivibile, ma provoca forte irritazione e disgusto.
La realtà alter(n)ativa di questa pubblicità progresso regredente è popolata da preti, frati, porporati simpatici e buontemponi, sempre pronti a dispensare una buona parola e ad aiutare il prossimo, da persone di differenti nazionalità e culture che convivono in pace e armonia, da anime pie e sagge, anche tra i più apparentemente burberi.
Gli accenni a noti aspetti drammatici della quotidianità sono ridicoli e insulsi oltremodo. In un quartiere malfamato del napoletano i giovani stanno lontani dai pericoli della strada e passano la notte in parrocchia, cantando, ballando, pregando, e innalzando odi al Signore. Che bello. Una donna (Giulia Bevilacqua) non riesce a trovare lavoro, ricevendo il classico “le faremo sapere”. Ma non c’è di che disperarsi: il fratello la consola e la rassicura, spiegandole che “ad ognuno è stato assegnato un ruolo” … poi, va beh, visto che è monsignore e lavora in Vaticano le trova un posto con sé nel progetto della squadra olimpica.
Tutto risolto, quindi. Facile, no? (e chi non ha santi in paradiso o parenti tra le mura pontificie si attacchi!).
Le strade della raccomandazione non finiscono mai.
I toni più leggeri sono affidati ad una “comicità” da barzelletta così puerile e riciclata che nemmeno con gas esilarante in dosi massicce e con venti odalische che vi solletichino ovunque si riesce a ridere. A meno che non vi sganasciate con la figura del massaggiatore, ennesimo battutaro da caserma con sparate e imprecazioni (subito placate però) in romanesco e che deve pure difendersi dalle avances di arzille signore aizzate dal suo “tocco”.
Umorismo da ospizio, appunto.
Un ghigno parte, però, alla stoccata - messa lì quieta quieta nel soffuso gaio clima generale da “volemose bene” - di un cardinale, che mellifluamente fa: “gli oratori non li hanno mica inventati i comunisti!”.
Ah, eccolo il nemico!
Certo questa produzione così fintamente innocua tanto amica del cinema (per non dire di altro) non è. Regia televisiva, interpreti televisivi (Jordi Mollà doppiato è una roba da non credere), andava bene al massimo come fiction tv a tema religioso. Una più una meno …
Ma via, non ci si perda tempo, 100 metri dal paradiso è un film per gente perbene e rispettabile, che “benpensa” (leggi: moralisti bacchettoni e ipocriti).
E domenica mattina tutti a messa …
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