Regia di Joseph L. Mankiewicz vedi scheda film
Non è vero che Cicero passa "prima piani falsi" (Mereghetti), né che sia "grandissima la prova di Mason, cinico e ambiguo personaggio, capace di ridere di se stesso" (Mereghetti): Mason è l'attore, non il personaggio; questo è cinico, ma assolutamente incapace, come tutti gli altri in questo film, di ridere di se stesso; anzi, con grande cinismo il regista (lui sì) ci presenta tutti diffidenti verso tutti: ognuno considera valido solo se stesso, e mente con tutti per sfiducia e per orgoglio; e ogni volta che uno si fida sbaglia. I piani forniti sono tutti veri, ma l'ambiguità, il cinismo e la diffidenza sono tali che non solo i tedeschi non li credono veri ma alla fine anche un critico distratto finisce per crederli falsi. Non si capisce come Mereghetti possa lodare questo film, senza neppur sospettarne questi meriti di ambiguità, senza i quali rimane ben poco. La risata finale del protagonista che si scopre ingannato dai tedeschi che si erano creduti ingannati da lui non nasce da autoironia; al contrario, il suo disappunto era stato evidente, ma si trasforma in ilarità e compiacimento quando scopre che anche l'amata-odiata contessa è stata vittima dello stesso inganno.
Il sogno illusorio questa volta è solo, e solo parzialmente, quello confessato da Cicero alla contessa: di trovarsi da ricco vestito di bianco sulla terrazza dell'albergo di lusso a Rio, dove lui aveva da lontano ammirato un altro. Ci riesce finalmente, sia pure senza la contessa che avrebbe desiderato avere accanto come servizievole moglie, ma ci riesce per pochi minuti prima di scoprire l'inganno delle banconote false, la fine del sogno, e subito dopo la meschina consolazione di sapere ingannata anche lei che a sua volta lo aveva già ingannato.
Ogni volta che lo rivedo mi piace di più (come molti altri, ma non tutti, del regista): ogni personaggio è riuscito, ben delineato, ben recitato e inserito coerentemente nella vicenda.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta