Regia di Luigi Zampa vedi scheda film
Denuncia sociale o predica qualunquista? Invito a lottare per i diritti o sermone finalizzato a propugnare un generico «volemose bene», in nome dei valori tradizionali (primo fra tutti la famiglia)? A parer mio c'è un po' di tutto questo nel film di Zampa, che vede la Magnani come vera e propria mattatrice, con Ave Ninchi (un'amica) da una parte e Nando Bruno (il marito) dall'altra a farle da spalla. Certo, non può essere taciuto che il film mostra la forza che possono avere le persone quando fanno sentire la propria voce tutte insieme (le mitiche «baccagliate» delle popolane romane), anche considerando che qui siamo ancora alla vigilia delle ormai storiche elezioni politiche del 1948. È pur vero che il film sembra lanciare anche degli altolà, sia nel senso di una certa sfiducia nella politica tradizionale (già allora!), dedita più alle chiacchiere che ai fatti, sia nel senso di consigliare cautela nell'alzare troppo la cresta, perché si può finire in prigione. E la soluzione dei problemi passa pur sempre attraverso la conversione buonista del capitalista inizialmente cinico ed imbrogliapopoli e nella consueta storia d'amore interclassista tra il figlio del riccone (qui un giovane Franco Zeffirelli) e la figlia della popolana.
Ma, al di là di tutti i discorsi, la prova maiuscola della Magnani vale da sola il prezzo del biglietto.
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