Regia di Silvio Soldini vedi scheda film
S.Soldini riversa leggerezza a piene mani in un film che prosegue sulla falsa riga del successo dei precedenti Pane e tulipani e Agata e la tempesta, su linee narrative che progressivamente si allontanano sempre più dalla ricerca di quelle contraddizioni esistenziali, di un conflitto interiore e lacerante dell’essere umano di fronte a scenari sociali in trasformazione. Con lavori come L’aria serena dell’ovest, Le acrobate, fino a Brucio nel vento Soldini ha tracciato una geografia dell’anima in contrasto con la realtà, usando toni più profondi, mettendo in scena sentimenti e relazioni intense ma anche misurando l’impatto emotivo con uno stile asciutto e non privo d’interesse. Con Il comandante e la cicogna la rappresentazione scade in una messa in scena piuttosto banale e moralizzante, appiattita sul filone della più recente commedia sociale. Sfruttando un nutrito cast di nomi di un certo valore, (si potrebbe dire stellare se non si trattasse del nostro cinema) Soldini ambienta nella Torino odierna un intreccio di storie ordinariamente televisive, nelle quali personaggi altrettanto scontati non offrono altro che facili intuizioni, ipocrisie consolatorie e ritratti che più che graffianti risultano sbiadite riproduzioni dell’attualità più melensa. Per citare ancora un altro bel titolo del regista, tutt’altra cosa di quell’Anima divisa in due che confligge moralmente, che disturba e che non assolve. Questo film è una semplicistica rappresentazione della meschinità del nostro paese, bonariamente redarguito dallo sguardo severo dei monumenti torinesi (su tutti la statua di Garibaldi) attraverso dialoghi immaginari quanto imbarazzanti per il loro basso profilo ideale. Soldini sembra adeguarsi alla superficialità circostante, alla “bellezza” di questi tempi senza però nessun intento provocatorio, tutto si riporta dentro in un amichevole clima farsesco nel quale tutti collezionano la loro onesta figura allontanando qualsiasi tentativo di canalizzare responsabilità e modelli sociali. Ogni confronto con le opere della Commedia all’italiana sarebbe non solo impietoso, ma inopportuno per film come questo che persegue obiettivi molto più modesti. I personaggi non sono parte in causa dell’azione di un singolo che si scontra contro un sistema nel quale è costretto a vivere, il registro drammatico e l’incombenza del tragico non sono che ricordi, al massimo hanno l’impatto di una buona barzelletta che strappa un sorriso compiaciuto. Tutto appare sistematicamente simile, indolore e incolore, e se il regista vuole evidenziare un’umanità che è ancora percorsa da sentimenti puri e positivi la assimila dentro schemi ideologici che non vanno oltre che il tirare a campare che si spera non riguardi definitivamente il suo cinema. Che siano solo più i cinefili a non credere alla cicogna?
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