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Il comandante e la cicogna

Regia di Silvio Soldini vedi scheda film

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La recensione su Il comandante e la cicogna

di miss brown
4 stelle

IL COMANDANTE E LA CICOGNA

 

Il Comandante è Garibaldi, o meglio la sua statua a cavallo che domina incontrastata le piazze di città e paesi anche piccolissimi di tutta Italia; è sua la voce che chiosa la narrazione, insieme a quella delle statue di Leopardi, di Leonardo da Vinci e di un petulante onorevole Cazzaniga. La cicogna invece è Augustina, che vive in un pratone di periferia amorevolmente accudita in segreto dall'angoloso tredicenne Elia (Luca Diroldi), un ragazzino un po' strano, uno che fa domande tipo “Ma secondo te gli uccelli lo sanno che non sappiamo volare, o pensano solo che non ne abbiamo voglia?”. E ancora più strano rischia di diventare quando conosce Amanzio (Giuseppe Battiston), che vive in un tugurio trascorrendo le giornate a leggere testi filosofici e studiando lingue astruse, mantenendosi con l'affitto della sua casa pagato con fatica dalla giovane Diana (Alba Rohrwacher), scultrice incompresa (giustamente, le sue sculture sono veramente pessime) che sbarca il lunario decorando con affreschi (questi molto belli) case e uffici di ricchi parvenu, che spesso non la pagano, fra cui l'avvocato Malaffano (Luca Zingaretti). Poi c'è l'esuberante Maddalena (Serena Pinto), sedicenne sorella di Elia, che finisce su Youtube in un filmato in cui fa sesso col suo ragazzo, con disperazione del padre Leo (Valerio Mastandrea), idraulico, vedovo da 5 anni che ogni notte alle 4:02 si sveglia, va in cucina e conversa con il fantasma della moglie Teresa (Claudia Gerini), parrucchiera. Leo si rivolge per consiglio all'avvocato e così conosce Diana....

 

E' un piccolo Girotondo, ma non aspettiamoci Schnitzler.

E' una caratteristica di Silvio Soldini, fin dal bellissimo primo lungometraggio L'ARIA SERENA DELL'OVEST (1990), costruire i suoi film inanellando le storie di vari personaggi che si incontrano più o meno casualmente. Abbandonato il realismo degli ultimi film, sociale in GIORNI E NUVOLE (2007), intimo e appassionato in COSA VOGLIO DI PIU' (2010), troviamo qui la stessa atmosfera un po' favolistica e un po' magica di PANE E TULIPANI (2000) e AGATA E LA TEMPESTA (2004) ma purtroppo la sceneggiatura sembra scritta coi loro rimasugli. Anche i personaggi hanno un che di riciclato, a partire dall'onnipresente pur ottimo Giuseppe Battiston che rifà in uno solo i personaggi di Bruno Ganz e di Felice Andreasi in PANE E TULIPANI. A parte la deliziosa Diana, per il resto sono o figurine modeste, personaggini stereotipati e mal disegnati, o figure talmente strambe e forzatamente pittoresche dall'apparire davvero troppo artificiose, e il fiabesco crolla miseramente nel finto.

Non ho poi capito bene la scelta di far parlare gli attori con differenti inflessioni regionali: forse un omaggio al 150° dell'Unità d'Italia? Il risultato va dall'eccellente (il triestino di Battiston) al buono (simpatica la “genovese” Gerini, per tutto il tempo in bikini e pareo; la storia non lo spiega: forse è morta annegata in mare?) al così così (il poco espressivo e a tratti spaesato Mastandrea, il suo napoletano non è proprio un granché) al decisamente pessimo: Luca Zingaretti il milanese proprio non lo sa parlare, e la sua abitualmente insopportabile recitazione è qui talmente gigioneggiante da essere perennemente sotto il livello di guardia. La presenza del pur divertente Shi Yang nella parte di Fiorenzo, aiuto idraulico cinese tormentato da una moglie gelosissima, appare forzata, finalizzata solo all'intento “ecumenico” di tutta l'operazione. Bravi i due ragazzi, “adolescenti qualsiasi” perfetti nella loro naturalezza. Assolutamente incantevole Alba Rohrwacher in versione bruna: la sua Diana raggiunge livelli di poesia degni di Giulietta Masina. Apprezzabile la presenza di due grandi attori teatrali per una volta prestati al cinema: Maria Paiato, l'irresistibile leopardata e insinuante segretaria, e Fausto Russo Alesi, l'agente immobiliare, mentre Giselda Volodi, la gallerista, e Giuseppe Cederna, il direttore del supermercato, appaiono purtroppo solo in due brevi cameo.

 

In alcune panoramiche ho intravisto anche angoli milanesi, ma il film è stato girato a Torino, in zone però non particolarmente riconoscibili, a rappresentare una qualsiasi città del nord. L'idea delle statue parlanti poteva essere carina, ma ai “padri della Patria” vengono messe in bocca frasi talmente retoriche e moraleggianti da farli sembrare solo vecchi brontoloni, mentre i battibecchi con la statua allo squallido maneggione contemporaneo anziché divertenti sono semplicemente ridicoli. Stesso discorso per i maldestri tentativi di critica sociale, demandati a figure che somigliano più a personaggi del Bagaglino che alla nobile commedia all'italiana.
Insomma un film discontinuo e malriuscito, partito da un'idea interessante e maldestramente condotto dopo 2 ore interminabili a un finale irrisolto.

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