Regia di Cristiano Bortone vedi scheda film
Siamo nella terra di mezzo della post adolescenza, dove l’ambizione dei padri non incontra la passione dei figli, e l’interesse di questi ultimi è la procace bellezza di turno: una bambola dotata di poca aggraziata parola uscita dalla fabbrica della donna perfetta con tagliando di impegno sociale, animo equosolidale e spirito ginnico. Lo sfigato folgorato da cotanta accozzaglia di cliché è Marco, studente dimissionario reinventatosi maestro d’asilo all’insaputa di papà Vincenzo Salemme, di mestiere chirurgo plastico e seduttore seriale. È lui a dettare “le regole” per far capitolare la preda, in uno slancio di altruismo genitoriale che cela (?) l’egoismo dell’assenteista. La canzone è sempre la stessa (la hit della vincitrice di X Factor) e i dettami dell’amore giovane sono scritti col gesso su una lavagna che lascia il tempo che trova, ma trova i suoi adepti generazionali. Ogni volta più sfortunati. Nell’eterno ritorno della favola (il principe è un ranocchio, la principessa è miope), l’unico potenziale motivo d’interesse è il protagonista. Ma Willwoosh, nato Guglielmo Scilla nel 1987, ha sfondato parodiando il cinema, e ora il cinema lo incastra costringendolo a (in)cosciente parodia di se stesso. Il ragazzo è diventato una star della Rete esplicitando la demenza del blockbuster per ragazzine (Twilight su tutti), eppure si prostra senza ritegno alle regole per fare carriera. Sono meno di 10, ma la loro banalità è paragonabile a un decalogo amoroso allegato a “Cioè”.
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