Regia di McG vedi scheda film
Tra le innumerevoli inverosimiglianze che attraversano in lungo e in largo questo film scritto male e realizzato peggio, ce n’è una, attesa, che giunge sul finale, che lascia di stucco: “dovendo” Resee Whiterspoon scegliere uno tra Tom Hardy e Chris Pine, opta assurdamente per quest’ultimo! Semplicemente incredibile. O semplicemente razzista: infatti la donna tra i difetti elencati del primo include un secco “è inglese”!
Forse avevano invertito i nomi dei personaggi …
Pine, già pessimo Capitano Kirk in Star Trek di J.J. Abrams, è affetto da un’espressione rincitrullita, da classico american boy un po’ (tanto) tonto, che lo rende completamente inadatto ad interpretare certi ruoli, quelli in cui dovrebbe mostrare fascino e carisma in dosi massicce. Non ci siamo proprio.
Tom Hardy, invece, oltre ad essere un vero attore, capace di intense prove drammatiche, anche in questi toni da commedia per lui non consueti e pur con tutta la fuffa che gli gira intorno, sopra e sotto, conferma la sua versatilità e bravura, tali che sarebbe un candidato ideale per James Bond: lui sì, fascino, carisma, sex appeal da vendere. Il perfetto physique du rôle.
Del malassortito terzetto di protagonisti è l’unico che merita la visione. La Whiterspoon, con quel poderoso mascellone che intimorisce, è bravina, carina, biondina, niente per cui stracciarsi le vesti però, come invece fanno i due amici superspie che se le danno di santa ragione per conquistarla. Mah. Fuori parte, è un accessorio scialbo che cerca di stupire con facce buffe e occhi sgranati. Un’espressività piuttosto scarsa, non vale una qualsiasi Katherine Heigl di una qualsiasi commedia brillante degli ultimi anni. Sopravvalutata.
Una spia non basta (titolo originale: This Means War) si muove imprudentemente sul pericoloso filo dell’action comedy. E finisce col caderci, e farsi male. Scontenta tutti. Dal punto di vista dell’azione pura e semplice, è ridicolo, rende farsesche (e di conseguenza inaccettabili) le (poche) scene movimentate. La storia del criminale che vuole vendicarsi del fratello ucciso è puerile e scontata, gli aspetti riguardanti la professione dei due (agenti supersegreti) biecamente piegati a soddisfare altre esigenze. Completa il misfatto un cattivo-figurina assolutamente inutile e per nulla interessante (la “disgrazia” tocca a Til Schweiger, malamente sprecato) che appare all’inizio e nel finale, nel quale viene liquidato frettolosamente.
Sul versante sentimentale non va meglio: intreccio banalissimo e ultrasfruttato che non appassiona né diverte nonostante gli (scarsi) sforzi. Due amici per la pelle che si scannano per una donzella è una roba rimasticata e del tutto derivata di centinaia di pellicole amorose. Il tentativo di inserire come novità il fatto che i due essendo spie utilizzino tutte le risorse a loro disposizione per sabotarsi a vicenda (col sottofondo musicale del grandioso pezzo dei Beastie Boys Sabotage) è maldestro e sciocco. La fanciulla poi ispira poca simpatia (grave errore), prima esce con entrambi dopo non arriva fino in fondo e si pente perché è una donna perbene. Inoltre i suoi duetti con gli spasimanti sono dozzinali, noiosi, insipidi. La scelta finale, come detto, è inconcepibile (anche perché lei poteva, tanto per dire, non farla affatto, una volta scoperto che quelli lì le avevano mentito per tutto il tempo).
I comprimari sono anonimi e irrilevanti (l’amica di lei; gli altri agenti occupati a spiare la preda), tra i quali spiace vedere anche un’attrice di razza come Angela Bassett.
Il regista, il mediocre McG, già responsabile della smitizzazione delle Charlie's Angels con due pellicole l’una peggio dell’altra, imprime il suo insignificante stile stereotipato ed effettato con una messa in scena piatta e convenzionale, debole e mai efficace.
Altro che guerra: questo film è pacifico nulla.
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