Regia di Leos Carax vedi scheda film
Per chi, come me, non si è mai interessato al cinema di Carax, Holy motors rappresenta una grossa sorpresa. E’ un film certamente strano, visionario, folle, un’esperienza visiva diversa da tutte le altre, un cinema che riesce a fare a meno della trama, “una surreale fantasia sul tema delle multiple identità dell’artista, in quanto facitore di forme e sogni nei quali ogni volta corre il rischio di annullarsi” (Alessandra Levantesi Kezich). Strutturato come una serie di incontri in cui il protagonista monsieur Oscar si trasforma in mostro, in padre preoccupato per la figlia adolescente, in vecchio morente alle prese con una piacente nipote, in assassino, in romantico amante che vorrebbe recuperare il passato vissuto accanto a una giovane donzella il cui destino è segnato, il film può contare su una miniera di invenzioni che colpiscono l’occhio, segno di una prepotente personalità registica, ma la sostanza certamente non manca, con un discorso crepuscolare sulla fine di un certo cinema costruito sull’eleganza del gesto, citata nel dialogo con Michel Piccoli, discorso portato avanti con indubbia coerenza. Non è un cinema per tutti i gusti, questo è chiaro, ma personalmente direi che non si può non ammirare la bravura del regista nel suo assillo stilistico che lo porta a reinventare continuamente il racconto, a trovare soluzioni narrative inedite, a costruire immagini dal potente risalto figurativo. Un film che si potrebbe definire completamente di regia, dove il contributo degli attori c’è, ma sempre subordinato al volere del demiurgo dietro la macchina da presa: Denis Lavant gioca su un istrionismo scatenato e su una performance molto “fisica”, ma sono da apprezzare anche la rediviva Edith Scob presa da “Gli occhi senza volto” di Franju di cui nel finale torna l’inquietante maschera, la cantante Kylie Minogue riesce ad azzeccare un’espressione di adeguato sgomento e canta la canzone “Who were we?”, e molto buono il contributo di Elise Lhomeau nella scena del malato terminale. A Cannes è stato totalmente ignorato dalla giuria presieduta da Moretti, che lo ha considerato un esercizio intellettualistico e compiaciuto, premiando l'altrettanto straordinario "Amour" di Michael Haneke, ma il film dell’enfant terribile Carax è uno di quelli che resterà, una sorta di compendio del post-moderno che apre nuove strade ai registi di oggi, un oggetto filmico affascinante e a suo modo folle, animato dalla stessa follia che fu dei registi della Nouvelle vague.
Voto 10/10
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