Regia di Leos Carax vedi scheda film
Odio il cinema fine a se stesso, troppo carico di simbolismi, metafore e autoreferenziale ma per ogni regola esiste la sua eccezione e nel caso in questione è Holy Motors. Qui il Cinema si fa citazione e suggerimento ma prima di tutto descrizione di se stesso, diventa così qualcosa di altro, una forma di crescita in diretta, un germogliare di pixel spontaneo e propositivo che segna la nascita di un nuovo ramo e dunque di un nuovo modo di intendere il cinema stesso. L'estetica è potentissima, le immagini riescono a calamitare l'occhio dello spettatore pur di fatto non raccontando nulla di preciso e identificabile. Il protagonista percorre la città all'interno di una limousine bianca e impersona di volta in volta personaggi diversi, quasi tutti accomunati da un destino infausto. E' una sorta di presenza evanescente, un'anima di passaggio che assume la forma corporea della vittima predestinata e talvolta persino di un padre che vive un rapporto difficile con la figlia. Il suo corpo è cangiante e forse immortale, l'involucro metallico che lo trasporta rappresenta più di una casa; una creatura viva e pensante con i suoi occhi, i suoi organi e pensieri propri. Il finale lascia sospesi, forse insoddisfatti ma la pellicola è decisamente affascinante e chi ama il cinema deve assolutamente averla in videoteca.
Visionario.
Bravissimo.
Cameo di rispetto.
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