Regia di Tim Burton vedi scheda film
Se un giorno chiedessero a Tim Burton in che modo l’essere famoso gli ha cambiato la vita, è probabile che tirerà in ballo l’esempio “Frankenweenie”. Nel 1984, per realizzare un cortometraggio (26 minuti) su questo suo progetto, la Disney gli impose più paletti di quanti se ne trovano in una gara di slalom gigante di sci. Raggiunto l’apice del successo, Burton ri-arrangia lo stesso progetto, realizzando un lungometraggio che riadatta il suo vecchio lavoro di 28 anni prima (solo con più mezzi e con meno condizionamenti).
I pupazzi animati sono una giusta via di mezzo tra i sofisticati volti esangui de “La sposa cadavere” e i buffi protagonisti del surreale “Nightmare before Christmas”, ma in ogni caso, inevitabilmente e indiscutibilmente in puro stile Burton. Realizzato in stop motion e 3D, è una fiaba dark post-moderna che riflette tutto il ricco microcosmo burtoniano. Tuttavia meno spettacolare e avvincente rispetto ad altre pellicole, retaggio di quel plot vecchiotto e ingenuo, irrobustito da una profonda analisi sociale su una certa America di provincia e della spiazzante perfidia riversata dall’autore nell’animo degli infanti protagonisti.
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