Regia di Tim Burton vedi scheda film
Sono arrivati. I filmoni che aspettavamo. Da "Django" a "Lincoln" passando per "The Master". E ci vogliamo buttare dentro pure "Flight"?..ma sì, va. L'importante è che non siano sotto le due ore e mezza. Se no non hanno lo status di "filmoni". Così se uno va al cinema, poniamo di pomeriggio, a vedere "Les miserables", è opportuno che si porti dietro il cestino della merenda, utile soprattutto in quelle sale che non prevedono la pausa tra i due tempi. Per non parlare poi di chi ha problemi di vescica e non può contare nemmeno sull'intervallo. Consigliabile inoltre una poltroncina "modificabile", che qualcuno potrebbe anchilosarsi dopo tre ore seduto nella medesima posizione. Vabbè, ho scherzato, ma mica poi tanto. E insomma ho approffittato al volo di questa pellicola che dura appena 87 minuti. Certo, ci sono i pro e i contro. Del tipo che il film appare un pò compresso, a tratti velocizzato (nell'ultima parte), e presenta un finale che sembra quasi troncato di netto. D'altronde sappiamo che si tratta della ripresa che Tim Burton ha fatto di un altro film che egli realizzò nel 1984. A quei tempi Burton aveva intenzione di dirigere un lungometraggio d'animazione con questo stesso soggetto, ma sorsero problemi di budget e alla fine ne venne fuori un mediometraggio di 26 minuti con attori in carne ed ossa e che non ebbe grande visibilità. Oggi il celebre regista ripesca il medesimo soggetto e ne propone un lungometraggio in perfetto stile stop-motion, arricchito da un suggestivo bianco e nero che assicura un intrigante effetto vintage. Ci sono, vabbè, i maligni, i quali sostengono che Burton stia attraversando una crisi di idee testimoniata dal non eccelso livello delle sue ultime produzioni. Io starei nel mezzo, nel senso che pur avendo personalmente gradito il pregevole "Dark shadows", trovo però quest'ultimo lavoro, ancorchè godibile e divertente, un pò troppo "ristretto" ed essenziale, quasi spartano. In altri termini, c'è poco (relativamente, 87 minuti sono quel che sono, passano in fretta) ma quel poco mi è piaciuto proprio tanto. Accennavo prima a suggestioni vintage. Ecco, direi che è l'asso nella manica di Burton, il quale carica la vicenda di un effetto nostalgia che, se da una parte esalta il cinefilo esigente, dall'altra non impedisce alle caratterizzazioni dei buffi e grotteschi personaggi di divertire gli spettatori più piccoli. E qui siamo al solito tema di discussione che ci tocca affrontare ogni volta che il cinema d'animazione esula dai canoni del tradizionale schema classicamente "natalizio": ma è poi adatto ai bambini o verrà apprezzato per lo più dagli adulti? Va peraltro rimarcato come il cinema animato abbia percorso i territori dell'horror piuttosto di frequente negli ultimi tempi, da "ParaNorman" a "Hotel Transylvania". Ebbene, io credo che questa declinazione "paurosa" dei cartoons possa eccitare piacevolmente, anzichè spaventarli, i piccoli spettatori. Nel nostro caso, poi, si tratta di cinema raffinato, di qualità, ma che tuttavia non risulta ostico ai più piccoli, perchè Burton riesce magistralmente ad elaborare anche i soggetti più "neri" e "malati" in chiave deliziosamente pop, costruendo capolavori come "La sposa cadavere" o "Nightmare before Christmas", mirabili sintesi di cupezza e malinconia, spettacolo e suggestioni visive, senso della narrazione e brividi cinefili. Certo, se uno mi viene a dire che rispetto ai due titoli appena evocati, "Frankenweenie" non è nemmeno comparabile, come dargli torto? Resta tuttavia lo stile di un Maestro assolutamente riconoscibile, pur in un'opera come questa meno pretenziosa rispetto ad altre. Da segnalare la presenza del fido Danny Elfman a curare il commento musicale, al solito azzeccatissimo e molto efficace. Ancora da rimarcare che tra le voci originali (che ovviamente noi non sentiremo) spiccano quelle illustri del vecchio caro Martin Landau e di una ritrovata Winona Ryder. La storia è in sè molto semplice e anche risaputa, come si conviene ad una pellicola animata e quindi destinata in gran parte ai bambini, nonchè legata a concetti e situazioni elementari. Il punto sta nello stile utilizzato per il racconto. E qui devo dire che Barton ha dato il meglio di sè, pescando dal bagaglio delle sue esperienze passate e puntando tutto sulle citazioni, sull'effetto vintage e sulle caratterizzazioni tra il buffo e il grottesco di tutti i personaggi. Questi ultimi sono davvero uno spasso, tutti decisamente sopra le righe, a partire dalla figura di un austero professore che è guidato da criteri etici di buon senso e che viene invece inquadrato dalla collettività come un pericoloso eversore e dunque indotto ad allontanarsi. Nella versione italiana la sua voce (in origine di Martin Landau) è curiosamente declinata nell'efficacissima cadenza friulana del nostro Omero Antonutti (dettaglio fondamentale: il personaggio ha le fattezze inconfondibili di Vincent Price). Ma anche gli animali presentano caratterizzazioni grottesche e deliranti, da una tartaruga che si trasforma in dinosauro, fino al pazzesco "signor baffino", un gattone demenziale. La vicenda ci parla di una famigliola media americana, composta di due genitori che più classici di così non si potrebbe, più il piccolo Victor (bambino malinconico e di indole solitaria) e infine l'impagabile cagnolino Sparky, che è poi il vero protagonista, le cui movenze sono qualcosa di irresistibile e appagano in pieno la voglia di divertimento dei più piccoli. Poi succedono diverse cose che non starò a raccontare, e che comportano l'entrata in scena di una moltitudine di personaggi: sindaci tronfi ed autoritari, bambine "fulminate" e decisamente stranianti, mocciosi dall'aria oscura e malvagia, cagnoline che stimolano i sentimenti (e gli ormoni) del nostro Sparky. Questo film possiamo dire che è tutto dalla parte dei bambini. E se loro sono i protagonisti è perchè proprio loro, nella visione di Burton, sono quelli che vivono la vita "sulle barricate", in prima linea, loro che percepiscono la pesantezza del vivere, loro che si espongono sfidando il destino. Quanto agli adulti, vengono rappresentati (a parte il suddetto professore) come esseri svagati, scontati e superficiali, sicuramente banali. Allo spettatore viene inoltre offerta la piacevole possibilità di individuare i numerosi omaggi al classico cinema dell'orrore. Vediamo infatti scorrere sullo schermo evidenti riferimenti a Frankenstein, La mummia, Dracula, Godzilla, i Gremlins e molto altro. Concludendo. In effetti Burton ha un pò perso lo smalto dei tempi migliori, ma il tocco del Maestro è ancora presente con sufficiente grandezza.
Voto: 9
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