Regia di Robert B. Weide vedi scheda film
Lui è un ometto piccolo e anche piuttosto timido, con gli occhiali e un indomabile senso dell'ironia. Ma è anche uno dei registi più significativi e prolifici d'America, amatissimo in Europa e ambito da attori di mezzo mondo che farebbero carte false per avere una parte con lui. All'anagrafe fa Allan Stewart Königsberg, ma Woody Allen è il nome d'arte che gli venne suggerito nei primi tempi della sua attività di umorista, quando dalle quinte dei palcoscenici, e dopo avere iniziato giovanissimo, quindici-sedicenne, a scrivere battute per periodici e comici, passò - non senza enormi esitazioni - sulla ribalta. Finché, dopo avere divorato migliaia di film e avere odiato la scuola, non decise di mettersi anche dietro la macchina da presa. Il documentario di Robert Weide è già il secondo dedicato al grande regista ebreo-newyorchese (il primo, diretto da Richard Schickel, si intitola Woody Allen: a life in film e risale al 2002) ed è un prodotto che non ha alcuna pretesa peculiare se non quella di offrire uno spaccato davvero completo dell'arte di Woody Allen. E lo fa ricorrendo al corredo consueto di interviste realizzate con chi ha lavorato con lui (manca Mia Farrow, ma non è una sorpresa), moltissimo materiale dai suoi film, citati quasi tutti, che chiarisce le relazioni tra creazione artistica e psicologia del suo inventore, con ampi e dichiarati debiti nei confronti di Bergman e Fellini. Da questo florilegio completissimo, benché didascalico, grazie al quale chiunque - dal neofita all'esperto alleniano - può farsi un'idea nitida della sua produzione cinematografica, emergono aneddoti, annotazioni dalla sua vita privata, memorie, riflessioni filosofiche. L'uomo che dal principio ha utilizzato sempre la stessa macchina da scrivere per i 40 film realizzati fino all'uscita di questo documentario, ha avuto muse insuperabili in Diane Keaton e Mia Farrow, un'alleata fedele come l'inseparabile sorella, momenti terribili come quello in cui il matrimonio con quest'ultima andò in pezzi dopo che la donna scoprì la relazione con la sua figliastra Soon Yi Previn durante le riprese, curiosa coincidenza, di Mariti e mogli ma anche gratificazioni enormi, premi Oscar, successi planetari come Manhattan e Midnight in Paris, cadute rovinose come in occasione di Stardust memories, passioni inarginabili come quella del clarinettista in una jazz band. Ma è rimasto sempre in piedi, infaticabile, a girare un film dopo l'altro, nella convinzione che, alla lunga, la quantità premi.
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