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Woody

Regia di Robert B. Weide vedi scheda film

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La recensione su Woody

di FilmTv Rivista
8 stelle

Controllate sempre che in un documentario su un grande artista ci sia la testimonianza di Martin Scorsese. O che sia diretto da lui. Se il cineasta c’è, come in Bad 25, o è dietro la macchina da presa, come nel docubiopic su George Harrison, allora sarà un piccolo gioiello. Scherzi a parte, qui ci troviamo di fronte a un documento unico e a un film che sa bilanciare tempi, immagini e scoperte con bravura e sensibilità, grazie al lavoro di Robert B. Weide, regista, sceneggiatore e comontatore che ha seguito Woody Allen dal set di Incontrerai l’uomo dei tuoi sogni alla prima a Cannes 2011 di Midnight in Paris. Weide è molto generoso nel mostrare arte e vita di Allan Stewart Konigsberg - questo il vero nome del cineasta di Io e Annie - e rifugge lo stile corrosivo e iconoclasta che gli abbiamo visto in Tv con Curb Your Enthusiasm, spinoff politicamente scorretto di Seinfeld con Larry David, o in Star System. Se non ci sei non esisti. Ritrae invece, con forzature temporali e contenutistiche, la carriera di un uomo che non si sottrae ad alcuna domanda, neanche a quelle a cui ribatte con ironia elusiva. «Tutti sembrano avere un’opinione sulla mia vita» dice a un certo punto, e ora abbiamo l’occasione di sentire la sua. Weide, forse condizionato dalla grande passione per i fratelli Marx e Lenny Bruce, a cui dedicò in passato alcuni documentari, si concentra inizialmente sull’infanzia di Allen, sull’adolescenza che lo vede scrivere per i giornali, sulla gioventù in cui è autore al servizio di stand up comedian. Quello che avevamo potuto intuire nel cofanetto curato e tradotto da Daniele Luttazzi per Bompiani (Rivincite, Senza piume, Effetti collaterali restituiti all’antico splendore), che avevamo scoperto in Conversazioni su di me e tutto il resto di Eric Lax e Allen stesso (sempre Bompiani), qui lo vediamo e ascoltiamo. Pazienza se a volte sembrano esserci voragini in un mezzo secolo e più troppo condensato (non a caso la versione in dvd dovrebbe essere più lunga di due ore): bastano i suoi collaboratori, attori e parenti (l’ex moglie, l’ex tata, la sorella), le sue immagini, le sue parole, le sue note jazz, le sue abitudini lavorative. Perché quando un regista apre la sua porta, anche solo socchiudendola, è un regalo unico.

 

Recensione pubblicata su FilmTV numero 38 del 2012

Autore: Boris Sollazzo

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