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Omicidio a luci rosse

Regia di Brian De Palma vedi scheda film

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La recensione su Omicidio a luci rosse

di YellowBastard
8 stelle

Quando Brian De Palma iniziò a lavorare a Body Double (letteralmente corpo doppio ma termine con il quale nell’industria cinematografica si intende genericamente la controfigura) era già da un ventennio nell’industria cinematografica e autore di una quindicina di lungometraggi (tra cui, nel 1976, la prima pellicola tratta da un romanzo di Stephen King con Carrie - Lo sguardo di Satana) che avevano portato la critica internazionale a considerarlo più che altro solo come semplice emulatore di Alfred Hitchcock che non come un vero e proprio erede, e questo nonostante il recente successo di critica e pubblico con Scarface (su sceneggiatura di un allora sconosciuto Oliver Stone) con cui ha riscritto le regole del gangster movie.

 

Omicidio a luci rosse (1984) di Brian De Palma - Recensione | Quinlan.it

 

All’epoca il film fu disapprovato però sia dal pubblico che dalla critica e raccolse furiose reazioni dal mondo femminista ma nonostante tutte queste controversie, anche piuttosto accese, si rivelò comunque un discreto successo, per quanto non paragonabile ai suoi ultimi lavori.

 

Intitolato in italia Omicidio a Luci rosse (in parte per evidenziare la sua natura di thriller e un po per solleticare i pruriti del pubblico), il film si rivelò la summa di ogni reminiscienza hitchcockiana del cinema di De Palma, l’ossessione che raggiunse infine il suo punto di non ritorno, forse anche in modo involontario, ma che solo occasionalmente tornerà, con un tale impeto, nel suoi successivi lavori, quasi come se questa fosse stata una personale seduta terapeutica, un saggio divertito sul suo cinema con cui conseguire la laurea a pieni voti, concepito come una specie di gioco e una sfida allo spettatore più tradizionale come anche alla platea dei più accaniti cinefili.

Le ossessioni e le influenze di De Palma si mescolano quindi con una libertà stilistica e narrativa raramente raggiunta precedentemente grazie a uno studio capillare sull’immagine, le luci e i suoni, le inquadrature e il montaggio per una partitura costantemente in evoluzione eppure già perfettamente compiuta fin dall’origine.

 

Ma la pellicola è anche una presa in giro e una critica, nemmeno troppo nascosta, dell’industria cinematografica e alle sue menzogne e piccolezze, della sua natura licenziosa (specie fuori scena) e del potere seduttivo dell’immagine e di come Hollywood ne abusi, anche attraverso il tentativo, coraggioso ma anche (forse) un po goffo, di introdurre in un prodotto prettamente mainstream come un thriller immagini e tematiche delle produzioni soft-core (non esplicite ma comunque reazionarie per l’epoca).

E la pellicola prosegue rivelando la sua natura bugiarda e ingannevole all’insegna di immagini e sequenze volutamente artificiose in un corto circuito tra rimandi e citazioni cinematografiche e la consapevolezza che in realtà tutto sia falso, ma senza che questo riesca a penalizzarne la storia ma, anzi, ricostruendola ex-novo proprio ripartendo da queste basi.

 

Omicidio a luci rosse - Film (1984)

 

Anche il personaggio di Jack, l’ottimo e sottovalutato Craig Wasson, un voyeur che soffre di claustrofobia e che riesce a soddisfarsi solo attraverso lo sguardo, non è che l’ennesima allusione al guardonismo represso dello stesso Alfred Hitchcock (e torniamo così ancora una volta alla sua ossessione per il “Maestro”) e ai suoi sottofondi freudiani e sessuali, da sempre oggetto di studi della critica cinematografica ma che De Palma nel film rende invece esplicito, rivelandone il sommerso di pellicole come La finestra sul cortile, Il delitto perfetto o anche di Vertigo.

 

Se la vicenda criminale in realtà finisce per contare poco è invece fondamentale, tra thanatos ed eros, il gioco di inganni e tradimenti tra il protagonista e l’assassino (Greg Henry), quindi thanatos, ma soprattutto quello di attrazione sessuale tra l’ingenuo Scully e la sensualissima Holly Body (letteralmente Corpo sacro ma anche Corpo Hollywoodiano), ovvero eros, interpretata dalla splendida esordiente Melanie Griffith.

Ed ecco qui il colpo di genio di De Palma in quanto figlia, Melanie, di quella Tippi Hedren del quale Alfred Hitchcock aveva una passione smodata, quasi incontrollata, al punto , come rivelato dalla stessa Hedren, di arrivare addirittura a molestarla direttamente sul set.

Quindi un avatar (Scully) del grande regista inglese (Hitchcock) che si infatua attraverso la sua perversione di guardone di una donna che non riuscirà ad avere (Deborah Sheldon aka Tippi Hedren), che riesce a liberarsi della sua/e ossessione/i (e a De Palma  a sua volta di liberarsi finalmente della sua ombra) grazie all'aiuto di un suo doppio/copia/clone (Holly interpretata non a  caso dalla figlia di Tippi Hedren), quegli stessi feticismi e ossessioni all'origine dei suoi più grandi capolavori cinematografici in una pellicola (ambientata nel mondo del cinema) che è una personale rivisitazione (e rivelazione) proprio di quei suoi stessi capolavori.

Per De Palma (forse) è un cerchio che si chiude. Perfettamente?

 

Omicidio a luci rosse | Cineclandestino

 

VOTO: 8

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