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Non aprite quella porta 3D

Regia di John Luessenhop vedi scheda film

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DeathCross

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Non aprite quella porta 3D

di DeathCross
5 stelle

Mediocre ma tutto sommato simpatico omaggio al Capolavoro Horror "The Texas Chainsaw Massacre" di Tobe Hooper.

Dopo il (più) mediocre e irritante remake di Nispel e il discreto prequel, Leatherface ritorna sugli schermi con un sequel che si ricollega direttamente al film originario, 'annullando' non solo i due capitoli post-2000 ma anche tutti i sequel precedenti (tra cui il magnifico "TCM2", sempre di Hooper).

Il film, infatti, dopo 1-2 minuti di clip tratte dal Capostipite (che faranno saltare di gioia non pochi/e appassionati/e), inizia con la distruzione della famiglia Sawyer (che bello risentire questo cognome, alla faccia degli Hewitt) da parte dei cittadini incavolati, da cui sopravvivono solo una bambina e il carissimo Leatherface. Dopo questo simpatico prologo, che vede i commoventi cammei di Bill Moseley (Chop-Top in "TCM2") e, soprattutto, Gunnar Hansen (lo storico Leatherface originale) e in cui si nota la presenza di uno sceriffo afroamericano (distruggendo tutti gli stereotipi sulla chiusura mentale texana), arriviamo a quello che sembrerebbe essere il nostro presente, dove facciamo la conoscenza della nostra protagonista (di cui, francamente, ci interessa poco o nulla), che scopre, tutto d'un colpo, di aver ereditato una casa in Texas da una nonna ignota e, soprattutto, di essere stata adottata (e, vedendo la coppia di genitori adottivi, non si può che essere contenti che non abbiano adottato altri poveri bambini innocenti). Supportata dal boyfriend di colore (e dalla dubbia fedeltà), da un'amica un po' ninfomane (che vuole a tutti i costi scopare, a quanto pare di nuovo, il fidanzato della protagonista: non che questo ci porti a chissà quale contrasto interno, visto che neppure al film gliene frega niente) e dal ragazzo inutile di quest'ultima, la nostra eroina parte alla volta della sua eredità, dando nel frattempo un passaggio a un ragazzo con una distorta visione del concetto di proprietà privata (ma in questo non c'è nulla di male, anzi). Il nostro gruppo di "eroi/ne" giunge nella lussuosa dimora della protagonista, incontrando il notaio sovrappeso e baffuto (già visto in "Hatchet") e facendo la "simpatica" conoscenza della popolazione locale, che vede nel suo sindaco (già visto nel prologo) la perfetta rappresentazione.

A questo punto, il film viene salvato dall'orrendo precipizio di Noia in cui rischiava di crollare dall'intervento all'ultimo minuto dell'immancabile deus ex machina, ovvero Leatherface, che finalmente regala agli spettatori e alle spettatrici spazientiti/e una discreta dose di macelleria, uccidendo l'autostoppista (occupato nella nobile attività dell'Esproprio Proletario). E così il film può finalmente decollare, regalando al pubblico più affezionato una buona dose di macelleria, che, seppur non esente da contaminazioni digitali (leggasi cgi), riesce tutto sommato ad intrattenere.

SPOILERANDO un po' il finale, la nostra protagonista scopre di essere cugina del controverso omaccione (grazie anche alle dritte del notaio baffuto), e il film subisce un brusco (e un po' maldestro) ribaltamento di prospettiva: se, infatti, fino ad'ora Leatherface era rimasto il folle killer della tradizione hooperiana, le cui gesta violente potevano sì essere gradite dal pubblico, ma non razionalmente condivise, ora lui e la cuginetta passano dalla parte "del Bene", fino alla giusta vendetta finale ai danni dei carnefici della famiglia Sawyer, culminando nel massacro del sindaco con la complicità dello sceriffo (!).

Insomma, un lieto fine a tutti gli effetti, condito da un simpatico siparietto inserito nei titoli di coda coi genitori adottivi della ragazza (interpretata da Alexandra Daddario, se ve lo foste domandati) che, suonando alla porta della figliastra, vengono accolti dal caro cugino.

 

Dunque, la trama ovviamente non brilla per genialità (oltre ai soliti cliché troviamo anche un numero non indifferente di trovate mal costruite), la regia è ai minimi sindacali, il cast è in bilico tra il discreto e il mediocre (cammei esclusi), certi effetti speciali sono troppo computerizzati... Insomma, i difetti in questo prodotto la fanno da padrone, ma nonostante tutto, il film riesce ad essere tutto sommato una cazzatina divertente, e si avverte che il risultato rispecchia completamente le aspettative del pubblico e dei suoi creatori: un simpatico 'omaggio' all'Opera di Hooper, da guardare col cervello completamente spento.

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