Regia di Dino Risi vedi scheda film
Non sarà "Il sorpasso", ma si va comunque ben oltre la semplice commedia. La griffe Dino Risi lascia il segno.
Pur essendo quasi impossibile eguagliare il livello raggiunto tre anni prima con “Il sorpasso” (che personalmente considero la migliore commedia all’italiana di sempre), Dino Risi ripropone uno spaccato estivo della cosiddetta epoca del “boom”, ritraendo una vasta gamma di personaggi accomunati dall’ebbrezza di una villeggiatura nel più affollato, rinomato e popolare dei siti balneari, una Riccione accaldata, rumorosa, ricoperta di ombrelloni, macchine, vacanzieri vocianti e confusione in ogni angolo. Se il tono è quello della commedia, il quadro sociologico che ne emerge è impietoso nel denunciare il conformismo, la superficialità e il culto dell’effimero che, come un virus, sembrano aver contaminato l’intera comunità di villeggianti. La prevedibilità delle piccole vicende raccontate non lascia speranze: storie di corna, maschi bulletti a caccia di oche giulive, la partita di calcio tra scapoli e ammogliati, ristoranti, bar e trattorie che funzionano come catene di montaggio, spiagge cancellate da uno strato di carne umana, migliaia di persone immerse in pochi metri di acqua, creme, sudore, benzina e urina, tonnellate di cartacce, lattine, kleenex e mozziconi gettati allegramente a destra e manca, decine di imbarcazioni da diporto incuranti di chiunque stia loro intorno.
Il film scorre speditamente ed è ben interpretato dalla maggior parte degli attori che vi partecipano, a partire ovviamente da Enrico Maria Salerno, protagonista e occhio critico al servizio dello spettatore, una specie di guida distaccata dal resto della fauna che lo circonda. Al suo fianco Sandra Milo nel ruolo della moglie, certamente adeguata dal punto di vista recitativo, ma ancora segnata dal marchio appiccicatole genialmente da Federico Fellini in “Otto e mezzo”. Un po’ troppo gigionesca ma pur sempre divertente la partecipazione di Raffaele Pisu, con le sue barzellette che tutti già conoscono, le sue smorfie gommose e un comico quanto nevrotico arbitraggio della succitata e deprimente partita tra scapoli e ammogliati. Più misurato il sempre efficace Leopoldo Trieste, nella parte del classico Italiano “oversexed and undernourished” come usavano definirli i G.I. americani all’epoca della Liberazione. In altre parole, fissati con il sesso, ma senza avere il fisico adeguato... All’opposto, troviamo il “gigolò” interpretato da un Jean Sorel bello e inespressivo come sempre e per giunta doppiato da Renzo Palmer. Se si chiudono gli occhi quando parla, l’abbinamento può spiazzare, un po’ come quando Alberto Sordi prestava la voce a giubbe blu nei film di John Huston! Trascurabili invece le prestazioni di Daniela Bianchi, attrice senza mordente che deve la sua modesta notorietà al suo ruolo di “Bond’s girl” in “007 dalla Russia con amore”, e di Lelio Luttazzi, grigio ma quanto meno autore di uno scarno commento musicale tutto tastiera anni ’60, sovrastato da una pletora di brani pop di quegli anni, come già avveniva nel “Sorpasso”. Qui, l’elenco sarebbe ancora più lungo e non può lasciare insensibile chi, come me, all’epoca era teenager. Si va da “Il mondo” di Jimmy Fontana a “Lui” di Rita Pavone, passando per i brani piò popolari dei Rokes, Edoardo Vianello, Gianni Morandi, Ricky Shayne (qualcuno lo ricorda?), solo per citarne alcuni.
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