Regia di John Ford vedi scheda film
L’anima del western è un’umanità in cammino: in parte perduta, e quindi in fuga dal passato, in parte speranzosa, e quindi in marcia verso l’avvenire. A circondarla, nel suo viaggio, è un ambiente grandioso però ostile, vuoto e vasto come il campo delle potenzialità inesplorate, e come il terreno di battaglia prima dell’attacco del nemico. La diligenza che, in questo film, attraversa una regione “infestata” dagli Apache, interpreta la natura ambivalente del Nuovo Continente, del sogno che rischia incessantemente di trasformarsi in incubo, della promessa che si fa attendere e intanto non smette di esigere il suo prezzo. L’american dream si paga non solo col pericolo di essere feriti, depredati o uccisi, ma anche e soprattutto incorrendo in crimini ed errori. Una prostituta invisa ai benpensanti, un medico in preda all’alcolismo, un banchiere divenuto ladro, un bandito in cerca di vendetta sono gli emblematici passeggeri di un viaggio che inizialmente prefigura una nuova vita, ma poi, con una serie di incidenti di percorso, allontana progressivamente la prospettiva di un lieto fine. La salvezza e la ricchezza non crescono nelle terre di conquista, dove la guerra tra indigeni e invasori rende gli uomini duri ed inflessibili; non c’è generosità, né perdono, ed ogni cosa va strappata con la forza alla cupa sterilità di un mondo che si chiude a riccio di fronte ai tentativi di sottometterlo. Stagecoach è il lato nero e mortifero dell’avventura, quella da cui l’uomo crede tristemente di uscire vincitore se solo riesce a rimanerne indenne.
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