Regia di John Ford vedi scheda film
Eccoli qui, allo stato sorgivo, gli archetipi poi visti in mille altri western: il medico ubriacone, la prostituta dal cuore d’oro, il fuorilegge con un codice morale, il gentiluomo sudista segnato dalla sconfitta (insomma i reietti destinati a costruire la civiltà della frontiera), rinchiusi tutti insieme in uno spazio circoscritto che alimenta le tensioni reciproche. Là fuori ci sono invece loro, gli sporchi musi rossi, che per i primi 60’ non si vedono nemmeno (sono appunto “ombre”, come da titolo italiano) ma fanno sempre sentire la loro minaccia incombente: un nemico irriducibile, con cui non si tratta, si combatte e basta. Proprio perché gli archetipi sono così facilmente riconoscibili, e perché nel frattempo sono passati 70 anni, il film rischia di apparire manierato, e in effetti la trama è assolutamente elementare (un viaggio in diligenza, un attacco indiano, il compimento di una vendetta): la sua forza è l’inossidabile classicità, che gli ha permesso di codificare il genere fino alla fine degli anni ’60.
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