Regia di William Wyler vedi scheda film
Esempio di eccellenza nel panorama dei prodotti migliori della "macchina" hollywoodiana (che travalica il piccolo compromesso degli ultimissimi secondi imposti dal codice Hays, manipolatore di artisti e percezione pubblica frutto del suo tempo) The Letter è in particolare un gioiello oscuro che brilla una luce, appunto, dalle ombre insite e cangianti, specchio dei risvolti interiori della vicenda, dell'ambientazione oppressiva del paesaggio tropicale e degli occhi incredibili di B. Davis, occhi rapaci, due lune in contatto con il satellite naturale che influisce sul sesso femminile, una maga astrale che proietta luci e ombre dense e taglienti (magnificamente rese dalla fotografia lucida ed espressionista insieme di Tony Gaudio) come l'animo della Davis è travagliato da passione fatale, gelosia e senso di colpa, pulsione omicida, desiderio di possesso, di calcolo ma anche di consapevolezza autodistruttiva che cozza con l'istinto di sopravvivenza.
W. Wyler ha mano fermissima nel delineare i movimenti, gli spazi esterni ed interiori, decisione implacabile nella direzione degli attori e soprattutto in quella della tensione, nella contrapposizione di personalità e di culture, quella occidentale (la legge, con un ottimo J. Stephenson) e quella orientale, così monolitica, forse tratteggiata in modo limitato ma inquietante e ben presente nella caratterizzazione, impersonata dalla figura dalle valenze metafisiche e fatali di una statuaria Gale Sondergaard, implacabile dipanatrice degli eventi, Parca decisiva e manipolatrice (se ci fermiamo all'omicidio di Leslie Crosbie, prima dell'arrivo del poliziotto, che d'altro canto non dà nemmeno l'ultima parola con decisione: l'alone di ambiguità resta).
Il fato e la tensione costante dall'inizio alla fine vengono commentate da una colonna sonora tra le migliori del viennese Max Steiner, costruita sul modello del leitmotiv con significato quanto mai pregnante, un esempio perfetto di equilibrio tra schema e significato: ondate cicliche e ossessive di frammenti melodici, folate oscure di archi, armonie torbide come le notti e i tormenti della Davis, esotismi dagli echi quasi pucciniani, crescendi strozzati improvvisamente e pronti a tenere alto il livello di guardia. 9 1/2
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