Regia di Susanna Nicchiarelli vedi scheda film
Roma, 1981: il Professor Marco Tessandori viene ucciso con sette colpi di rivoltella da due brigatisti, nel cortile dell’università e sotto gli occhi di tutti. Muore tra le braccia di Lucio Astengo, suo amico e collega. Poche settimane dopo, Lucio Astengo scompare nel nulla. Trent’anni dopo: Caterina (Buy) e Barbara (Nicchiarelli) Astengo, che avevano sei e dodici anni quando è scomparso il padre, mettono in vendita la casetta al mare della famiglia, oramai abbandonata da tempo. La casa è piena di ricordi di un’infanzia interrotta dalla sparizione del papà, di una famiglia spezzata e mai più ricomposta. In un angolo, c’è un vecchio telefono ancora attaccato alla presa. È uno di quei telefoni con la rotella, che fa nostalgia solo a guardarlo: Caterina solleva la cornetta e scopre che dà segnale di libero. Il fenomeno è inspiegabile, la linea è staccata, prova a fare dei numeri ma il telefono rimane muto. Poi, quasi per gioco, le viene in mente di provare a fare il numero della loro casa di città di trent’anni prima. Questa volta, dall’altra parte sente squillare: le risponde una voce di bambina. È lei, a dodici anni, una settimana prima della scomparsa del papà. La geniale intuizione (verrebbe da dire: spielberghiana) contenuta nel romanzo omonimo di Walter Veltroni (edito da Rizzoli) all’origine del secondo lungometraggio di Susanna Nicchiarelli viene risolta in sceneggiatura e messa in scena senza crederci troppo, con il risultato (soprattutto nell’epilogo) di una comicità involontaria. Il resto è stiracchiato, lo sfondo timido, i personaggi abbozzati.
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