Regia di Mateo Zoni vedi scheda film
«Giuro che io salverò la delicatezza mia» intona Paola, all’inizio del piccolo grande film di Mateo Zoni. È il verso di una poesia di Mariangela Gualtieri, ma è anche la promessa (anche questa, al tempo stesso, piccola ma grandissima) che la neo 18enne pronuncia ad alta voce solo in quel momento, ma esprime in ogni scena con i sorrisi e con i gesti del suo corpo insicuro. Zoni, al primo lungometraggio, s’ispira liberamente a Fuga dalla follia. Viaggio attraverso la Legge Basaglia di Maria Zirilli e sceglie la via non facile ma efficace della docufiction, dove Paola, il padre Giancarlo, la madre marocchina Mina “interpretano” se stessi: solo qualche giornata nelle loro vite, fra la comunità in provincia di Parma dove la ragazza lotta per recuperare una serenità perduta e la casa dove la sua famiglia vive con il suo vuoto e le sue visite domenicali. Intorno a Paola, i bisticci tra compagne, le esercitazioni alla scuola da estetista, i colloqui con la psichiatra, i conflitti accesi con il padre: cose normali, cose da adolescenti, che sulla sua pelle fanno più male, perché?deve inciderseli a forza nelle braccia. Lo sguardo del regista è deciso ma non invasivo, si spalanca sulla fragilità delle ragazze e si accosta senza falsi pudori ai racconti sulle origini del loro male, della depressione e degli attacchi di rabbia cattiva. La promessa di Paola diventa poetica d’autore: la delicatezza, in tutto il suo valore, è salva.
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