Regia di Arthur Hiller vedi scheda film
Il film non è sull’anima gemella, ma sul “lonely guy” del titolo originale. Non “bachelor” (scapolo) che fa tanto uomo ambito e aristocratico. Non “single” che fa tanto trendy e sottintende spesso una solitudine volontaria, premeditata e autoforzata, oltre ad essere un termine non molto in voga negli anni ’80. L’ ”uomo solo”, proprio quello, colui che è single sì, ma non per sua scelta: per sfiga, detto diversamente, per scelta delle donne; con una non trascurabile sfumatura in più che è quella di non avere neppure amici, o averne molto pochi. L’uomo solo può avere la romantica tenerezza, l’infinità bontà e l’invadente simpatia di Larry Hubbard (Steve Martin), un raro prototipo di cui il gentil sesso abusa o di cui non si fida, ritendendo queste qualità fasulle, extraterrestri, sospette ed estranee in una società di maschi bastardi e meschini,. oppure può avere le fattezze e il grigiore di Warren Evans, perennemente depresso, occhiali storti, con il suo gilet marroncino e la camicetta blu che formano tutto il suo guardaroba, un diverso prototipo ancor più invisibile ed inavvicinabile per l’altro sesso. Ma la speranza è l’ultima a morire e il film in questo senso getta un’ancora di salvezza. Da antologia la scena in cui Martin abborda in un bar una ragazza e le decanta in modo molto sincero le sue più nobili intezioni e lei lo molla dicendogli che lo capisce, le dispiace, ma voleva solo farsi una scopata!
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