Regia di Sylvain George vedi scheda film
Calais, Nord della Francia. Uomini migranti in attesa di futuro, oltre la Manica. Uomini fuori dalla Legge, fuori dalle griglie con cui la politica organizza il mondo. Uomini che cancellano la propria identità, bruciandosi i polpastrelli per evitare che le proprie impronte vengano registrate. Per Sylvain George, soprattutto, ovviamente, uomini. Atto III (dopo L’impossible. Pages arrachées e Qu’ils reposent en révolte. Des figures de guerres I) di un cinema militante votato alla presenza, all’esserci nel mondo prima che al raccontarlo, Les éclats segue i suoi protagonisti nella tragica vita quotidiana dei margini, si apre alle loro confessioni, come se i clandestini riconoscessero nella cinepresa di George lo strumento con cui, per la primissima volta, fare sentire la propria ammutolita voce. Una «cartografia della violenza inflitta alle persone migranti» che si sottrae alle forme di narrazione (e finta comprensione) della differenza, di quel che sta oltre gli aggettivi e i confini di parole e mondi come Occidentale e Borghese. George non cerca la rincuorante compassione, non cerca la comodità del dramma: frantuma la sua opera in brandelli, scolpisce le immagini in b/n, sforma il tempo tramite ralenti e accelerazioni, mira a un cinema del reale radicale crudo e, insieme, lirico. Perché cerca di restituire la voce del soggetto, l’identità (ma gueule, ma révolte, mon nom recita, fierissimo della prima persona, il sottotitolo) a coloro a cui è stata negata. Proiettato al Nuovo Cinema Aquila di Roma, presentato a Filmmaker 2011, Miglior Documentario al Torino Film Festival 2011.
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