Regia di Min-ho Woo vedi scheda film
Pagwidwin Sanai(titolo internazionale Man of Vendetta) rappresenta l'esordio del bravo Woo Min-ho,un giovane che mostra il suo talento soprattutto nella perfetta messa in scena di una storia che,giudicandola a mente fredda, è abbastanza canonica per gli standard del nuovo cinema coreano.
La storia è quella del reverendo Joo-Young-soo a cui rapiscono la figlia piccola.Perde la speranza di ritrovarla, perde la fede spogliandosi dei suoi abiti religiosi, il suo matrimonio si infrange sullo scoglio della rassegnazione per un figlia perduta.
La moglie invece con cui rimane suo malgrado in contatto continua pervicacemente a cercarla e un giorno, poco prima di essere investita le sembra anche di vederla.
Subito dopo l'ex marito,trasformatosi in un essere cinico e sprezzante, riceve dopo 8 anni una telefonata del rapitore che chiede di nuovo il riscatto per fargli riavere la bambina.
Un nuovo tuffo nell'incubo.
E' inevitabile restare quasi a bocca aperta a ammirare la perfetta costruzione plastica delle inquadrature, il thrilling che si riesce a costruire con un semplice movimento di macchina, la capacità nel costruire sequenze di geometrica precisione senza rischiare l'inutile arzigogolo.
Però, a conti fatti, Man of Vendetta ( quanto suona bene questo titolo) offre poco di nuovo sul versante thriller:è un po' come quei vini abboccati decisamente gradevoli al palato ma che poi rivelano poco corpo nel retrogusto.
Ci sono tanti temi comuni nel cinema coreano di oggi. C'è il rapimento,la disgregazione familiare che esso porta, il reset della vita del protagonista che non sente più la fede dentro di lui e abbandona il suo ruolo di pastore di anime, la vendetta, il dolore per la perdita di un figlio a cui si aggiunge il ritratto senza fronzoli piuttosto convenzionale che viene fatto di un rapitore seriale che trucida senza pietà chi si ribella al suo volere. Agghiacciante la sequenza in cui uccide un uomo venuto a consegnare un pacco e la donna insieme a lui (omicidi efferati comunque tenuti fuori campo con qualche piccolo artificio,gli schizzi di sangue sono però in bella mostra), oppure quella in cui la bambina prende dello zucchero da un barattolo e dentro ci sono ciondoli appartenuti ad altre bambine che hanno condiviso con lei la prigionia e ricorda l'allusione che fa lui alle sue compagne di prigionia che non ci sono più per loro presunte colpe.
Però c'è anche l'acre sentore del deja vù, si sentono echi di una miriade di thriller coreani che magari a differenza di questo mettono in mostra tutta la loro violenza esibendola(come The Chaser oppure No Mercy nei quali c'è sempre questo gioco al gatto col topo tra criminale e vittima) e si nota anche l'assenza, cronica nel cinema coreano, della polizia che non fa (non può,non è in grado forse) assolutamente nulla.
Man of vendetta dal punto di vista formale affabula e incolla alla poltrona.
Dal punto di vista sostanziale molto meno perchè , nonostante i notevoli guizzi registici, non riesce a distinguersi dalla massa.
L'unica cosa per cui si distingue è un finale dolciastro in pura salsa hollywoodiana.
Non mi stupirebbe che lo adocchino per un remake magari sostituendo le armi bianche con armi da fuoco mooolto più americane....
la regia brilla di luce propria
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