Regia di David O. Russell vedi scheda film
Commedia sentimentale, ma non solo.
Che cosa può fare Pat Solitano (Bradley Cooper), giovane e infelice professore precario di storia in un liceo, quando, rientrando a casa, trova Nikki, la mogliettina, (a sua volta insegnante in quel liceo) sotto la doccia, con il collega assunto regolarmente?
Dare in escandescenze parrebbe il minimo; che, poi, le escandescenze si traducano in botte può sembrare un’esagerazione, anche se comprensibile; meno comprensibile ed eccessivo sembra il ricovero coatto di Pat in ospedale psichiatrico, dove, sottoposto per otto mesi a cura obbligatoria per disturbo bipolare, non riesce a superare la depressione e la perdita di autostima, seguite al tradimento.
L’inizio del film ci presenta Pat prossimo ad abbandonare l’ospedale, purché continui le cure e si impegni a lasciar in pace la moglie, impresa non facile, visto che in molti, compreso lo psichiatra (lontano discendente dello psicanalista folle di Steven Sorderberg nel secondo episodio di Eros: Equilibrium ?) non perdono occasione per ricordargliela direttamente o indirettamente.
Lo ospiteranno, nella casa di famiglia, la madre, casalinga americana specializzata in manicaretti-che-fanno-tanto-felici-gli-uomini. e un padre, Pat Solitano senior (grande Robert De Niro) tifoso fanatico e violento; superstizioso scommettitore dissennato.
Un milieu familiare e sociale niente male, come si vede, uno spaccato della follia sostanziale del mondo che si modella sui vincitori, emarginando chi, come il povero Pat, non si rassegna a essere dalla parte del torto solo per la propria fragilità.
Il film, nella seconda parte, assume la rosata coloritura della commedia sentimentale: la narrazione è meno graffiante quando entra in scena Tiffany (Jennifer Lawrence), colei che, dopo una fugace apparizione iniziale, diventa la figura centrale, grazie alla quale si risolleva la storia di Pat, il perdente.
Anche Tiffany ha una storia dura e dolorosa: la morte del marito poliziotto, imprevista, l’ha spiazzata, ma non le ha fatto perdere la voglia di vivere, perché così deve essere a vent’anni.
Naturalmente le cose per lei non erano state semplici: si era sprecata vivendo imprudentemente molte storie di sesso a seguito delle quali aveva perso il lavoro.
Il resto è squallida dipendenza dagli psico-farmaci, ma anche speranza di farcela, magari con Pat, che avrebbe cercato di coinvolgere in un progetto per vincere una gara di ballo.
Il finale rosa è intuibile, ma non completamente banale: mi piace la metafora dell’allenamento pesante e faticoso, allusivo della necessità di prepararsi ad affrontare la vita “facendosi i muscoli”, ovvero temprandosi alle difficoltà; mi piace soprattutto che i due, mal vestiti e un po’ goffi nei movimenti, pur con un punteggio bassissimo (va da sé che i ballerini meglio preparati li avrebbero battuti nella classifica finale), siano riusciti a realizzare quanto era nel loro progetto, come è giusto che sia nella vita, dove non tutti vincono, ma a tutti deve essere concesso di fare la propria parte, secondo i propri mezzi e le proprie possibilità.
Premio Oscar 2013 alla bella e brava Jennifer Lawrence, riconoscimento della sua versatile interpretazione (quasi una conferma delle nomination ai Golden Globe e all’Oscar di due anni prima); Bradley Cooper è il suo degno partner e ovviamente è bravissimo Robert De Niro.
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