Regia di David O. Russell vedi scheda film
Il lato positivo , Silver Lining playbook, di David O’ Russell, verrà ricordato per la vittoria come Miglior Attrice Protagonista di Jennifer Lawrence alla notte degli Oscar 2013. La giovanissima ragazza già di fuoco - suona come predestinazione– in The Hunger Games, è la star lanciata nello spazio dello showbiz, il volto del rinnovamento. Già in nomination nel 2010 per Un gelido inverno di Debra Granik, la Lawrence coniuga una bellezza anticonvenzionale, tornita e atletica ad una maturità espressiva invidiabile.
Il lato positivo non verrà invece ricordato per le altre immeritate nomination - Miglior film, Regia, Sceneggiatura Originale, Attore protagonista Bradley Cooper e Attore non protagonista Bob de Niro – che di fatto sopravvalutano una commedia simpatica e furbetta. Nomination utili a stemperare l’eco del vuoto di un’edizione degli Oscar non memorabile e nel cui novero dei premiandi Il lato positivo ha fatto un po’ la parte donbonabbondiesca del vaso di argilla tra vasi di ferro.
Commedia agrodolce sulla normalità della follia e sulle seconde occasioni che la vita presenta in un interno di famiglia minato dalle ossessioni – Bob de Niro finalmente tornato su livelli accettabili ha un’ossessione patologica per la scaramanzia applicata alle scommesse sportive – esposto alle intemperie della vita che normalmente non fa sconti ma che in un film che mira a farsi piacere invece si mostra più indulgente fino al telefonato lieto fine.
Inizia fastidiosamente bene, Il lato positivo, ruvido, con personaggi antipatici e dialoghi brillanti. Pat ( Bradley Cooper) esce dalla casa di cura per un disturbo bipolare della personalità causato dallo shock per aver trovato l’amata moglie in piena fornicazione con l’amante e avergli successivamente spaccato la faccia. Giusto. Il registro drammatico è ottimamente bilanciato da un umorismo derivante dalle bizzarrie dell’uomo, mostrate sempre sotto la lente deformante del piccolo grottesco tra amici .
Chi più chi meno infatti i personaggi presentano segni di una sotterranea e strisciante follia come premio per una vita dominata dalle ossessioni. Due mondi che si sfiorano producendo attrito: l’essere matto e la follia condivisa del mondo civile. Da qui si evince che almeno, i matti, nelle loro esternazioni più sonore sono molto più sinceri dei non matti che soffocano la follia macerandosi l’animo e rovinandosi la vita in una perversa parvenza di normalità.
L’universo che O’Russell presenta è quello falsamente ordinario della tranquilla vita di provincia di una qualsiasi città americana, Philadelphia. Il regista si è dimostrato sempre un ottimo direttore d’attori fin dai tempi del delirante Three Kings che accolse George Clooney in una delle prime parti da mattatore comico/drammatico. In The fighter (2010)aveva portato all’Oscar altri due suoi attori, Christian Bale e Melissa Leo. Una garanzia di solida maestria nel dirigere che però si scontra nella seconda parte del film in uno sfilacciamento dello script trasformando una storia agrodolce in una dolciastra con brio, risaputo, prevedibile fin nel colpetto di scena finale.
Il percorso di guarigione e redenzione del protagonista Bradley Cooper passa attraverso l’impegno e la fiducia nell’essere umano. In questo caso un altro essere umano a lui speculare, Tiffany ( Jennifer Lawrence) sotto shock per la prematura dipartita del marito e dedita al sesso compulsivo come lenitivo delle sofferenze dell’animo. E già a questo punto il film prende una direzione un po’ ruffiana. I caratteri dei personaggi si normalizzano, più che piacersi reciprocamente cercano l’ammiccamento con lo spettatore, il film si appiattisce e ricorre ai trucchetti di sceneggiatura ( l’amico picchiatello, il mistero delle missive di Pat alla ex consorte, le facciotte di De Niro ) , per arrivare ad un inaspettato quanto inappropriato finale danzerino, stereotipato e tirato via che affonda nel più scontato happy ending marcato Hollywood.
Metafore semplici, emotività esibite, azzerata ogni sospensione, inscatolata ogni emozione il film fila via come un treno postale nel portare a destinazione il proprio messaggio. Messaggio che non potrebbe essere più positivo, da cui il titolo italiano, così come sono positive le intenzioni, le conseguenze delle azioni dei due protagonisti. Un inno ottimista alla diversità che si normalizza, l’amore può ogni cosa in barba a qualsiasi verità e a qualsiasi dolore. Un cambio di registro che affloscia il film nel mezzo per dirigere la storia verso un finale melò che accontenta tutti. Forse un po’ di cattiveria in più non sarebbe guastata ma il regista evidentemente ha voluto vedere, in questa vicenda, il lato positivo. Solo quello.
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