Regia di David O. Russell vedi scheda film
La struggente e dissonante poesia dell’instabilità. La follia è camminare in punta di piedi, senza avere il senso dell’equilibrio. È una danza scoordinata, nella quale inciampare equivale a scoprire una nuova occasione di essere ancora più diverso, ancora più ribelle rispetto al cosiddetto mondo normale. Fuori dall’istituto psichiatrico di Baltimora, per Pat la vita è una faccenda provvisoria, intervallata dall’assunzione di farmaci e le liti con i genitori, che non lo capiscono e, per proteggerlo, vorrebbero tenerlo prigioniero: una schiavitù che, per quel giovane uomo alla ricerca di sé, si aggiungerebbe inutilmente a quella che lo tiene legato ad un passato impossibile da recuperare: quello del matrimonio con Nikki, finito con il tradimento di lei e la violenza di lui contro il suo amante. Si può continuare a pensare che dal dolore si possa guarire come dalla malattia mentale, guardando le cose dal lato positivo, e riprendendo con ragionevolezza e serenità il discorso così bruscamente interrotto. Pat ci crede, e coltiva quell’illusione come una personale fede nell’essenziale bontà del destino, che perdona gli errori e concede una seconda chance a chiunque dimostri la buona volontà di ricominciare. In questa sua visione, il romanticismo del lieto fine è il naturale frutto dell’impegno a ricostruire ciò che si è colpevolmente distrutto: un’espiazione attiva, che guarda con ottimismo al futuro, anche quando quest’ultimo sembra definitivamente compromesso. Pat è disposto a tutto, pur di riavere Nikki. A sottoporsi a duri allenamenti, per acquisire la giusta forma fisica. A stare al gioco ambiguo di Tiffany, che lo coinvolge in uno strano progetto agonistico, con probabili risvolti erotici. Pat si presta malvolentieri, però si sottomette alla spregiudicata autorità di quella ragazza pur di raggiungere il proprio scopo: far pervenire, per suo tramite, una lettera di riconciliazione alla ex moglie. Pat si lascia usare da chiunque riesca ad imporsi, dichiarando di avere un pressante bisogno di lui: Tiffany, che necessita di un partner per partecipare ad una gara di ballo, e suo padre, che vive di scommesse sportive ed è convinto che la presenza del ragazzo, durante una partita, possa condizionarne favorevolmente l’esito. Quel giovane dall’aria stramba è considerato una sorta di jolly portafortuna: lui, che si trova a disagio nella realtà, è universalmente visto come la chiave della felicità. Servire la magia delle assurde illusioni degli altri gli insegnerà a rivedere i propri sogni, sottraendoli all’idealismo di un mondo perfetto, per riportarli all’affascinante creatività dell’improvvisazione, delle opportunità che si presentano in una veste tutt’altro che rassicurante. Procedere a tentoni, nella sperimentazione dell’esistenza, può essere indice di un atteggiamento tutt’altro che prudente; può essere il prodotto di un abbandono all’infantile superficialità di chi crede nelle favole a tal punto da non vedere dove mette i piedi. Questo film si perde, insieme a Pat, nel tortuoso percorso delle sue ingenuità ed intemperanze, lasciando che il tessuto narrativo si infittisca o si allarghi, a seconda dei momenti, intorno ad una storia che fa di ogni passione individuale una forma di mania: una viscerale bizzarria accesa da un’immaginazione un po’ imbranata, che fa nascere l’amore dai guai e dai pasticci.
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