Regia di Mike Newell vedi scheda film
Quando, nella sequenza iniziale, un lurido Ralph Fiennes galeotto si avventa sull’orfano Pip, il cuore ha un sobbalzo. Un incipit brutale e non didascalico, insieme alla scelta coraggiosa di rinunciare alla voce off, ci scaraventano dentro l’azione di un’opera tra le più complesse mai scritte da Charles Dickens. Appropriatamente cupo (grande fotografia di John Mathieson), il film recupera la dimensione violenta e cruda del romanzo per restituirlo a un realismo lontano dalla fiction in costume. Immersa prima nelle ombre polverose della magione di Miss Havisham, dove Pip impara a disprezzare il suo status di rozzo apprendista fabbro, poi nella sporcizia mefitica di Londra, dove gli si spalancano grandi speranze per una nuova vita da gentleman, la pellicola cerca di prendere le distanze da un certo avvizzito sapore letterario di tante trasposizioni. Peccato che, privato della sua voce narrante e incalzato dal ritmo battente di script e regia, il protagonista Pip (un incolore Jeremy Irvine) perda tutta la sua complessità di giovane uomo lacerato tra affetti e ambizione, per diventare fantoccio in preda dei numerosi colpi di scena, affastellati uno sull’altro come i personaggi. Nel tentativo di iniettare vigore nell’opera dickensiana, si finisce quasi per tramortirla: un po’ come una rianimazione eseguita a suon di schiaffi.
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