Regia di Lawrence Silverstein vedi scheda film
Le vie della distribuzione sono misteriose e Freerunner. Corri o muori ha sfrecciato tra di esse al ritmo sincopato del parkour, riuscendo nell’impresa di arrivare, solo nel nostro Paese, in sala. Esordio registico dell’ignoto Lawrence Silverstein, scritto dalla bellezza di 3 sceneggiatori (probabilmente ognuno all’insaputa degli altri, vista la coerenza dello script), si presenta come la variazione in tema parkour (ovvero la disciplina, quasi sport estremo, che permette di attraversare con impressionanti evoluzioni ogni ostacolo urbano sul proprio cammino) dei tanti teen movie danzerecci di oggi. Un gruppo di giovani atletici si sfida in gare a rotta di collo per una manciata di dollari: tra loro spicca Ryan, bello, buono, onesto e dotato di un nonno malato, di una fidanzata mozzafiato e del sogno di tornare a vivere sull’oceano. La svolta torture porn arriva con una ventata di ridicolo tra il volontario e l’accidentale, serrando i corridori estremi in collari esplosivi che ridurranno la loro testa a una poltiglia, se non raggiungono l’obiettivo prestabilito in 60 minuti. Il tutto, come in un Hostel metropolitano, per la gioia di un manipolo di miliardari perversi che seguono ogni momento tramite improbabili telecamere strategiche. Ogni singolo risvolto della trama è talmente inverosimile da risultare spassoso, la recitazione sta sotto il livello di guardia o 3 metri sopra le righe: un pasticcio memorabile che, con un briciolo di autoironia in più, poteva essere il cult dell’estate.
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