Regia di Andrey Konchalovskiy vedi scheda film
Un ragazzo e il suo piccione. Il primo cortometraggio di Andrej Konchalovskij – che allora era studente di cinema alla scuola Gerasimov di Mosca, insieme ad Andrej Tarkovskj – è la classica favola metropolitana che guarda al cielo, corre per le strade, si arrampica sui tetti, per seguire i sogni a naso in su di un bambino. Un percorso in volo che si direbbe ispirato a Le ballon rouge di Albert Lamorisse, che solo cinque anni prima di questo film aveva ritratto l’amicizia, sospesa a mezz’aria e mossa dal vento, tra un bambino ed un palloncino rosso. Per entrambi i piccoli protagonisti di queste due storie, l’incontro con l’oggetto delle loro fantasie avviene per caso, mentre camminano attraverso la città; e l’attaccamento a quel compagno di giochi così leggero e vagabondo entra subito in conflitto con il desiderio di ridonargli la libertà. Diversi sono però i modi in cui i due autori concepiscono, in queste due opere così affini, la funzione narrativa dell’immagine. All’asciutta visione fotografica di Lamorisse si sostituisce lo sguardo variabile e personalizzato di Konchalovskij, che fa dell’obiettivo un occhio indagatore, capace di incorporare punti di vista individuali e far trasparire le emozioni. La geometria delle inquadrature è basata sulla rappresentazione della direzione e della distanza, la quale include, metaforicamente, la tensione del desiderio e l’ansia dell’ignoto. Allo stesso tempo, la profondità accentua il senso della solitudine che circonda chi è portatore di una passione insolita, destinata ad essere incompresa e magari derisa. Il ragazzino è un singolo elemento in mezzo alla moltitudine dell’umanità e alla vastità del mondo: uno spazio immenso ed affollato in cui anche il suo unico punto di riferimento si perde, tra tanti spazi vuoti, e tra tanti suoi simili. Quest’esordio registico incanta per il suo dinamismo semplice e pulito, eppure stilisticamente corposo, capace di unire elementi classici (l’estetica espressiva di certi primi piani) e spunti d’avanguardia (il richiamo all’astrattismo, tramite l’uso delle forme e del movimento come elementi cinematografici). Più di ogni altro aspetto colpisce la maniera in cui la trama, di per sé esilissima, acquisisce imponenza di forma e ricchezza di sostanza attraverso un utilizzo creativo ed accorto della messa in scena, che riesce a trasformare ogni situazione, anche istantanea, in un evento degno di essere raccontato.
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