Regia di Alfonso Cuarón vedi scheda film
Sospesi.
Immersi nell'utero dell'universo, nella sua meraviglia sconosciuta, primordiale. Fluttuando all'interno di una sconfinata placenta invisibile, accogliente. Le stelle osservano i corpi che danzano involontariamente, pronti a perdersi. L'oscurità è appagante, contemplativa. C'è silenzio quassù. Un'armonia cosmica, che manca alla terra. Lo spazio è una nuova occasione, una nuova avventura - ritornare alle origini. Non c'è suolo per la malvagità umana, non c'è terreno fertile per far si che i problemi personali si sviluppino, crescano. Non c'è passato, non c'è forma, non c'è vita. Sei tu e l'infinito. The no-land of possibility. L'universo ti mette alla prova, ti toglie il fiato, la gravità, la terra, tutto. Si rimane nudi, senza ossigeno. Si perdono le capacità motorie, si azzerano le conoscenze. Reset totale nell'oscurità del grembo spaziale. Non c'è un'età per rialzarsi, per imparare a camminare nuovamente, per rimettersi in discussione. Ogni momento è quello buono per (ri)cominciare a vivere. Rinascita atemporale. Si deve prima staccare il cordone ombelicale [metallico] che lega il presente ai ricordi dolorosi ; bisogno trovare il coraggio di andare avanti, anche se l'ossigeno è poco. L'abisso è indispensabile, terapeutico. Il silenzio è il miglior consigliere di tutti. Il silenzio del mondo - tutto tace. Le ultime lacrime abbandonano l'astronave oculare, schiantandosi sulla superficie emotiva dello spettatore, sulla sua pelle ; le urla interiori consumano la poca quantità di O2 rimanente. Tutto è pronto, finalmente si può rinascere. Di nuovo il silenzio. La luce nel caos. Abbandonare la nave, il ventre. Ecco, finalmente il liquido amniotico dalla consistenza familiare, l'oceano esistenziale. L'ultimo sforzo, l'ultima spinta. Ecco. Il ritorno alla vita, alla speranza, alla luminosità terrena. Muovere i primi passi, per la seconda volta. Risorgere dalle proprie ceneri, senza gravità. Tutto nuovo, di nuovo. Vivre.
Gravity è un'esperienza sublime, immersiva e straordinaria. Lo spettatore, almeno stavolta, dovrebbe spogliarsi da ogni preconcetto di commercialità filmica, da ogni pregiudizio nei confronti delle tipiche americanate cinematografiche, abbandonare la repulsione per ciò che concerne la classica, banale e furba "bellezza hollywoodiana". Il pubblico si deve lasciare cullare dall'assenza di gravità presente nell'ultima fatica [quattro anni e mezzo per realizzare il progetto] di Cuaron. Si, perché Gravity probabilmente non ha un plot solido, non ha punti di svolta sorprendenti e non ha tante altre cose ; ma è di sicuro cinema antigravitazionale ; è momento infinito, desiderio inconscio di stupore visivo ed emotivo. Bisogna lasciarsi trasportare completamente, senza riserve, senza timori. La pellicola del regista messicano ti spezza il fiato, è ricca di tensione, è coinvolgente dall'inizio alla fine. Gravity, azzardando paradossi filmici, sta al centro, temporalmente e concettualmente, tra 2001 : Odissea Nello Spazio e Il Cavallo di Torino. Nell'opera di Kubrick il feto stellare offriva allo spettatore lo spunto per continuare il proprio viaggio esistenziale, la prosecuzione del proprio cammino. Nel film di Cuaron ecco che quel feto stellare diventa definitivamente umano, impara a camminare, ritorna all'esistenza, rinasce in maniera ultima ; pronto ad affrontare la vita, con coraggio e forza, esposto alle nuove insidie e ai nuovi pericoli, sapendo che nulla è certo, nulla è stabile e tutto è fatiscente, insicuro, oscillante. Nella pellicola di Bela Tarr, quell'uomo [l'uomo] non ha saputo riscattarsi, non ha saputo cogliere l'essenza della vita ; si è trascurato, si è lasciato andare, si è adagiato nell'abisso. Apatico, passivo, eccolo che aspetta l'apocalisse. L'apocalisse quotidiana.
Nessuno paragona Gravity ai capolavori di Kubrick e Tarr, sia chiaro questo. Resta il fatto che l'ultimo film di Alfonso Cuaron è un'esperienza sensazionale, un'opera ansiogena e potente - l'aspetto visivo è sconcertante e maestoso ; quello sonoro è affascinante e destabilizzante.
Lo spazio è diventato tangibile, raggiungibile.
Applausi.
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