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Il grande Gatsby 3D

Regia di Baz Luhrmann vedi scheda film

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La recensione su Il grande Gatsby 3D

di Gangs 87
10 stelle

Sarei bugiarda se provassi a negare di aver sempre voluto che Leo non facesse questo film. Ho storto il naso all’annuncio ufficiale della sua entrata nel cast, sorridevo al buffo modo in cui appariva vestito nelle foto che giungevano dal set in Australia e sbuffavo alle notizie di budget onerosi ed esagerate lavorazioni a cui il post-film era sottoposto, sconfortata anche dallo slittamento della data d’uscita di ben cinque mesi. Insomma, non sono mai stata troppo entusiasta della scelta di Leo di prendere parte a questo remake discusso già dalle origini. Poi però è arrivato il primo trailer e in poco più di centro trenta secondi la mia riluttanza si è annullata ed è stata sostituita dall’euforia morbosa che mi ha accompagnato fino alla visione in sala. Ho iniziato ad approfondire meticolosamente ogni dettaglio, confrontato citazioni, recuperato il film del ’74, letto interviste, dichiarazioni e recensioni. Ho sofferto al gelido verdetto della critica di Cannes ed esultato alla rivelazione degli incassi e al palese favore del pubblico. Perché avevo deciso di credere in Baz, di credere nella sua personale e fantastica visione del romanzo degli anni ’20, che immensamente aveva racchiuso in due minuti di fotogrammi intrisi di musiche (che poi si riveleranno attimi di una delle colonne sonore più belle che la mia memoria cinefila ricordi) e passione e non mi ha deluso. Alla faccia dei critici, mi prendo la responsabilità di dichiarare che “Il Grande Gatsby” è il film migliore di Baz Luhrmann, il film che più lo rappresenta, quello che più ho amato. C’è la drammaticità di “Moulin Rouge” e la diversità affascinante di “Romeo+Giulietta”, c’è l’amore tormentato che Baz ama raccontare, eterno tragico romantico, ma c’è anche di più, c’è la spettacolarità esagerata ma ragionata, l’estro maturo di un regista cresciuto che ha imparato ad osare sempre di più, a confrontarsi senza imitare ma semplicemente distinguendosi per la sua differente genialità. Anche a Fitzgerald sarebbe piaciuto Baz, sarebbe piaciuto il suo film perche nonostante il marasma di emozioni, feste e coriandoli arriva la morale del suo scritto e finalmente anche io ho apprezzato di più il suo pensiero. Gli sarebbe piaciuto anche il cast. Davvero un gran bel cast. Joel Edgerton è bravo nel ruolo dell’aristocratico rozzo che crede che la miseria sia solo una parola che fa commuovere, Tobey Maguire sembra convincermi nei panni di Nick, forse non quanto chi prima di lui ma meglio di quanto mi aspettassi. Carey Mulligan è tutta sguardi e sussurri, mantiene il suo volto inespressivo, necessario però a renderla odiosamente ambigua e a farmi piacere, nel senso lato del termine, il personaggio di Daisy perché è riuscita a tirare fuori il lato più crudelmente vero che la caratterizza, quel lato oscuro ch Jay non vede, non vuole vedere. Quell’uomo ombra che si nasconde agli sguardi e si lascia ardentemente desiderare, ti accompagna letteralmente per mano nelle sue sfarzose feste, quelle feste che solo Baz sa mettere in scena in modo tale da renderti parte del tutto, e poi si rivela magnificamente, con il volto dagli occhi azzurri di Leo DiCaprio, che raggiunge la perfezione attoriale e diventa leggenda. Lui che già bravo lo è davvero, qui si carica della malinconia che caratterizza Gatsby e respira l’ossigeno di nome speranza che gli riempi i polmoni, libera l’esuberanza con cui Fitzgeald lo caratterizza (e che Redford non aveva neanche minimamente accennato) e ti coinvolge nel suo mondo, nella sua vita, nella sua ossessione, attraverso quella luce verde che colora intorno e svuota dentro. 
Se Redford finiva per essere uno spettatore che segue il corso degli eventi, Leonardo è l’evento stesso. Non riesci a staccargli mai gli occhi di dosso, non riesci a non amare con lui, a non soffrire con lui a non capire quanto quel bacio dato nel passato abbia condizionato il suo futuro e abbia animato il suo presente, la sua vita. Quella Daisy rincorsa e mai veramente raggiunta è la strada verso la morte che Jay accoglie con un flebile sussurro e un sorriso prima di chiudere gli occhi. Quella morte vissuta, che nel film di Jack Clayton veniva celata da una candida tenda su cui si stagliava un’ombra dalla mano armata, qui è reale, viva e visibile, è l’invitato non desiderato che uccide un uomo ma non la sua speranza che si installa nella nostra mente e nella nostra anima e resta li per sempre e quando ci accorgiamo che non siamo più gli stessi ormai è troppo tardi. Perché quando Jay sorride sembra crederci davvero, sembra inseguire un sogno irraggiungibile ma possibile come l’amore vero, quello che Jay rincorre da sempre e pure Leo. Perché stavolta DiCaprio non interpreta un ruolo ma imita se stesso e si dimostra l’unico attore capace di rendere Gatsby davvero Grande.

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