Regia di Baz Luhrmann vedi scheda film
CANNES 2013 - FILM D'APERTURA
Il ritorno di Baz Luhrmann, visionario e barocco regista spesso potente e di grande ed efficace impatto scenico, dopo anni dal deludente flop della sua precedente opera, l'inutile e mediocre "Australia", ci ricorda con un certo sollievo le frizzanti caotiche atmosfere di apertura del celebre Moulin Rouge: anche in questo caso l'euforia regna sovrana: siamo nel 1922 negli Stati Uniti e la Borsa di New York fa faville: la gente arricchisce e ama sempre di più divertirsi e uscire la sera. I locali si riempiono di luci sfavillanti e musiche dal ritmo concitato ed irresistibile, aspetti che Luhrman riesce a manifestare e reinterpretare col solito estro visionario, in una commistione di pop, rock e rap ancora una volta storicamente incongrue ma stupende e accattivanti sino all'eccitazione.
La sua versione sontuosa e magniloquente, opulenta e sfavillante di particolari, punta le sue carte più strategiche sul trio di eccellenti protagonisti (Di Caprio/Mulligan/Maguire) che a sua volta rimanda inesorabilmente ad un inevitabile confronto con la precedente celebre ed altrettanto glamour versione precedente, datata ormai di quasi quarant'anni.
Il film del '74 di un incolore (o al massimo diligente) Jack Clayton è un'opera che probabilmente apprezziamo più ora nel rivederla che al momento in cui è uscita nelle sale: questa infatti - oltre a godere di una sceneggiatura perfetta a cura di un Francis Ford Coppola che mai come in questo caso ci ha fatto rimpiangere di non essere intervenuto pure nella regia, conferendo molto probabilmente in quel caso senz'altro un po' di carattere o anima che invece il semplicemente diligente Clayton non riesce a far trasparire - brilla tuttavia per una strana alchimia che nasce, magari molto lentamente, tra due attori algidi, belli e freddi come angeli e per questo motivo non automaticamente passionali come Robert Redford e Mia Farrow, la cui passione reciproca matura a poco a poco e la si scorge finalmente nel luminoso incredibile scintillio degli occhi cerulei di entrambi. Giovani, belli e innamorati come non possono più essere ormai, nonostante entrambi gli attori siano oggi un esempio di settantenni impegnati, in forma e buona salute, la coppia Redford/Farrow appare più bella ed in sintonia oggi a rivederla così candidamente bella ed innamorata che certamente al momento in cui il film è uscito nelle sale nel lontano '74, Al contrario invece la coppia Di Caprio/Mulligan comunica invece già da subito più passione, complice forse la regia più appassionata e meno "distante" del talentuoso cineasta australiano, che esplora i corpi e gli sguardi avidi o timidi dei due amanti ritrovatisi grazie all'arrivo vicino a villa Gatsby dell'aspirante scrittore Nick Carraway, un vero trait-d'union della vicenda che parte dal celebre romanzo di Francis Scott Fitzgerald e conta sino ad ora con questa ultima ben quattro trasposizioni.
Gatsby di Luhrman insomma è una versione scintillante, forse molto fine a se stessa e comunque quella che ottimisticamente ci aspettavamo da un regista che in tal modo torna in possesso delle sue migliori qualità artistiche, forse un po' troppo esteriori, ma pur sempre notevoli; un film che trova la sua forza nella capacità di divagare, di ambire a visioni d'insieme che ci forniscano un quadro variopinto e dettagliato di uno scorcio di secolo, riducendo al minimo rispetto alla più verbosa versione precedente il numero di personaggi coinvolti ed infischiandosene se poi la sceneggiatura non si occupa molto di dare un senso logico all'introduzione dei soggetti di contorno, che spuntano un pò fuori come conigli dal cilindro di un mago distratto, quando invece la versione precedente coppoliana si prodigava a curarne una attenta, sfaccettata e compiuta presentazione.
Non un vero problema tuttavia, se quello che qui ci importa veramente è ritrovare l'estro visivo di un grande giocoliere dell'immagine e della coreografia.
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