Regia di Dante Lam vedi scheda film
Quanto a capacità di gestire i momenti d’azione, la dinamica delle numerose scene movimentate, l’adrenalina che deriva dall’action e si trasferisce diretta sullo spettatore a seguito di inseguimenti mozzafiato, combattimenti violenti all’arma bianca, incidenti frontali di auto ripresi anche al ralenty con un effetto inquietante che ti catapulta all’interno della dinamica dello scontro - il regista coreano Dante Lam ha certamente pochi rivali, e tra questi, per la maggior parte, condivide il primato con illustri e noti connazionali o cineasti comunque provenienti dall’Est (Michael Mann a parte).
Un incipit pazzesco: irruzione in un covo di malviventi, una fuga rocambolesca, un capitano di polizia ambizioso che non vuole perdere l’occasione di stanare il pezzo grosso della malavita; un incidente d’auto ripreso in modo travolgente, una bimba vittima della cattiveria umana certo, ma anche di una ambizione sfrenata e di un arrivismo da parte del garante ufficiale del bene.
Il quale, distrutto, si vede coinvolto in prima persona quando anche la sorella della vittima, altra bella bimba di buon cuore, viene rapita a scopo estorsivo per far si che la madre delle due non testimoni contro il boss al centro di tutta la sanguinosa vicenda: madre che guarda caso (e solo li il film denuncia tutta la sua debolezza o improbabilità narrativa) è una avvocatessa in grado di incastrare una volta per tutte il capo malavitoso.
Il film gioca troppo su coincidenze impossibili e si abbandona platealmente, sfrontatamente, oserei dire indecentemente, in strascichi melodrammatici che presi nel verso giusto potrebbero apparire una presa in giro per lo spettatore che finisce per cascarci e cedere all’emozione.
Poco male! Il thriller è condotto in modo magistrale, alcuni flashback rivelatori ci stupiscono aggiungendo coerenza e motivazioni laddove nemmeno era necessario spiegare o far combaciare certe incongruenze o incompletezze di informazione.
Buono il protagonista, prima ambizioso, poi pentito, ancor meglio il suo rivale, una sorta di angelo della vendetta semicieco che fa il killer per curare la sua amata gravemente malata, secondo una vena caratteriale e comportamentale eccessiva ed esagerata in linea con lo stile del film.
Dante Lam è un portento di regista: con uno sceneggiatore meno esaltato avrebbe in questo caso saputo eguagliare certi capisaldi epocali del già citato Michael Mann: non è così ma il film diverte e stupisce in molte situazioni, che ci permettono di perdonare tutto il resto che proprio non funziona per ridondanza e manierismo.
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